Archivio mensile:novembre 2018

No alla violenza sulle donne

 

Violenza sulle donne, i dati Istat: "In 49mila si sono rivolte a Centri"

NO alla violenza sulle donne, di qualsiasi tipo sia, fisica o psicologica. Quante sono le donne che soffrono in silenzio, per paura, perchè LUI ha sempre ragione.

L’Istat stima che siano 1 milione 404mila le donne che hanno subito molestie fisiche o ricatti sessuali sul posto di lavoro da parte di un collega o del datore di lavoro. Incalcolabili gli episodi di sessismo, che permeano la vita delle donne: obbligare una donna a cambiare strada perché davanti a quel bar le dicono battute oscene, subire apprezzamenti non graditi sul proprio corpo o su come è vestita, la scelta delle aziende di assumere più uomini che donne, il divario salariale tra uomo e donna, l’incessante prova delle donne per dimostrare la propria competenza e professionalità, il carico del lavoro di cura che pesa quasi totalmente sulle donne, le immagini pubblicitarie che schiacciano le donne in ruoli stereotipati, spesso umilianti.

Dobbiamo insegnare non solo ai bambini, i “maschietti” , ma anche agli adulti che la “femmina” va rispettata nel pieno senso della parola.

  • da Dizionario:
RISPETTARE
 – Trattare qualcuno con considerazione, riguardo; riverire.
 – Considerare con rispetto il pensiero, la dignità e i diritti altrui astenendosi da considerazioni o atteggiamenti offensivi.
 – Salvaguardare la propria dignità evitando azioni degradanti o poco decorose.
 – Trattarsi vicendevolmente con rispetto.
Se si aprisse qualche volta il dizionario, invece dei giornaletti/gossip, quante cose si potrebbero imparare.
Ho letto alcune frasi molto interessanti di Simone de Beauvoir:
“Nessuno è di fronte alle donne più arroganteaggressivo e sdegnoso dell’uomo malsicuro della propria virilità.”  
“C’è una strana malafede nel conciliare il disprezzo per le donne con il rispetto di cui si circondano le madri.”
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Brassica oleracea gemmifera

Mi piacciono tanto i nomi latini dei vegetali, rendono importante anche un semplice cavoletto di Bruxelles, perchè la Brassica oleracea gemmifera è propriamente detto Cavoletto di Bruxelles. Che  sono in realtà i germogli ascellari di una varietà di Brassica oleracea (della famiglia dei cavoli). Di forma globulare, crescono alla base delle foglie principali e sono costituiti da foglioline embricate (l’una che copre una o due sottostanti, come i carciofi). Il portamento di questa pianta ricorda il cavolo nero toscano e la coltura è molto simile. Per crescere necessita di un clima freddo, tipico del nord Europa. Forse una delle maggiori coltivazioni si trova proprio in Belgio.

Brussels sprout closeup.jpg

Ne avevo ancora due confezioni da questa estate, congelate da me e stasera ne ho preparata una, arricchendola con acciughe.

Ingredienti:

  • cavoletti di Bruxelles
  • pangrattato
  • alici sott’olio
  • aglio
  • la mia salamoia, in alternativa del timo fresco
  • olio

Ho fatto bollire al vapore i cavoletti. Poi ho messo in una padella l’olio, due spicchi di aglio e quando si sono dorati ho aggiunto delle acciughe sott’olio, le ho fatte sciogliere e poi ho messo del pangrattato. Dorato anche lui e quindi dentro i cavoletti.

Padella con coperchio e cottura per una decina di minuti. La foto non rende molto, ma veramente sono gustosi.

e poi come tutti i cavoli fanno molto bene, per i composti minerali, e microelementi presenti in ampia varietà, sono molto utili per ricostituire le riserve minerali dell’organismo. Per l’elevato contenuto in fibre ha elevato potere saziante se unito, come è tradizione, con legumi, o carboidrati (pane o pasta). I più importanti composti minerali contenuti sono zolfocalciofosfororameiodioseleniomagnesio. Tutti i cavoli (soprattutto se freschi) sono ricchi di vitamine, soprattutto vitamina B1, e vitamina C.

Quando vengono cotti, tutti i cavoli emanano un cattivo odore perché sono ricchi di composti di zolfo, che vengono liberati dalla cottura, ma svaniscono al 90% dopo 8 minuti di cottura.Tuttavia, tutti i cavoli contengono anche sostanze nutrizionali molto utili, per le quali è stato ipotizzato anche una funzione di prevenzione del cancro. Poiché tali sostanze si disperdono con la cottura, si  suggerisce di cuocerli nella pentola a pressione, in modo da ridurre sia il tempo di cottura sia la perdita di tali sostanze, ottenendo anche una minor diffusione di cattivi odori.

È molto utile, nei casi in cui è possibile (ad esempio in insalata e nei crauti) usare anche i cavoli non cotti, dato che essi contengono in condizione non modificata sostanze utili (anche composti dello zolfo), e vitamine (infatti alcune vitamine, come la vitamina C, si degradano con la cottura). (Wikipedia)

                             

Civiltà contadina

Siamo stati al Museo della civiltà contadina di San Marino di Bentivoglio in provincia di Bologna.

“Il Museo della Civiltà Contadina ha sede, dal 1973, a Villa Smeraldi: oltre 2000 mq di esposizione e 4 ettari di parco offrono al visitatore una testimonianza unica sul lavoro e sulla vita nelle campagne tra Otto e Novecento: la sezione dedicata alla canapa è la più importante in Italia.
L ’ottocentesca Villa, dimora nobiliare di campagna, si trova a San Marino di Bentivoglio nel cuore di un parco storico all’inglese a 15 km da Bologna. Le vaste raccolte del Museo sono state costituite nel tempo dai contadini ed ex contadini che, dando vita all’Associazione La Stadura, hanno donato all’Istituzione oltre diecimila oggetti relativi al lavoro e alla vita nelle campagne bolognesi ed emiliane tra il 1750 e il 1950.
Le sezioni del Museo, comprese tra i padiglioni, la Villa e un ulteriore edificio, scorrono come un grande racconto  di quella particolare forma di rapporto lavorativo che ha contraddistinto soprattutto le nostre campagne: la mezzadria, che consisteva nel fatto che i padroni (che andavano a trascorrere l’estate in Villa)  e contadini si dividevano “a metà” sia l’onere degli strumenti e della forza lavoro, sia quanto veniva poi prodotto e raccolto(da www.bolognawelcome.com)-

Ci sono varie sezioni, le più importanti sono:

Il grano. Il frumento era la più importante delle colture della pianura bolognese. Occupava ogni anno quasi la metà del seminativo e dalle dimensioni del suo raccolto dipendeva essenzialmente la possibilità per la famiglia contadina di costituire una scorta sufficiente a garantire i consumi familiari di pane e pasta sino al raccolto dell’estate successiva.

La vite. La piantata, ossia la vite maritata agli alberi utilizzati come sostegni vivi, era un elemento caratteristico della campagna bolognese.

La canapa. Per quasi cinque secoli la pianura bolognese ha rappresentato uno dei principali centri della canapicoltura italiana. Sostenuta inizialmente dalla domanda della corderia dell’arsenale navale veneziano, ma capace anche di alimentare alcuni circuiti di produzione locale di canapa pettinata, corde, reti da pesca, tele da sacchi, biancheria domestica.

Il riso. Numerosi terreni privi di uno scolo sicuro, risultavano inadatti alla coltivazione degli alberi e delle viti e poco produttivi per le altre colture asciutte. Su questi ed altri terreni completamente privi di alberature – le “larghe” – nel periodo napoleonico, per iniziativa di grandi proprietari e affittuari, si avviò la nuova esperienza delle colture umide. La coltivazione del riso, esercitata in aziende molto più grandi dei poderi mezzadrili, in certi periodi dell’anno, aveva bisogno di una quantità enorme di manodopera pagata a giornate o a cottimo.

Si inizia entrando in un’aula, con i vecchi banchi, la lavagna, la carta geografica…

 

una cosa molto interessante è il carro con tutte le masserizie per il “trasloco” o meglio   Fare “San Martino” .Significa “cambiare lavoro e luogo di lavoro”  L’anno lavorativo dei contadini terminava agli inizi di novembre, dopo la semina. Qualora il datore di lavoro, proprietario dei campi e della cascina, non avesse rinnovato il contratto con il contadino per l’anno successivo, questi era costretto a trovare un nuovo impiego altrove, presso un’altra cascina. All’epoca,  il lavoro era organizzato in modo tale che il contadino abitasse sul luogo di lavoro in un’abitazione messa a disposizione dal padrone del fondo agricolo. Un cambio di lavoro comportava quindi un trasloco per il contadino e la sua famiglia. La data scelta per il trasferimento, per tradizione e per ragioni climatiche (estate di San Martino), era quasi sempre l’11 novembre. Ed allora caricavano tutto sul carro e via… un tavolo, il materasso, alcuni attrezzi…..

proseguendo troviamo gli attrezzi dei vari lavori, “granader”, fabbricante di scope di saggina.

fabbricante di ceste

il fabbro e la ruota di un mulino

lo “scranèr” , il fabbricante di seggiole

lo stagnaro

e le biciclette con gli attrezzi per andare a lavorare?

questa è una bicicletta di uno “scariolante” , bracciante addetto al trasporto di terra con la carriola nei lavori di bonifica del delta del Po, periodo fine Ottocento primi Novecento.

la riproduzione di una camera da letto, il materasso con foglie di pannocchia, in primo piano “il prete”, cioè era un modo per scaldare il letto. Lo mettevano sotto alle lenzuola e dentro uno scaldino con le braci; dentro al lettino invece “la suora”, uguale ma più piccolo.

Sicurezze?????  Ma le stanze non erano certo riscaldate e le finestre lasciavano passare il freddo.

come si vede dalla foto “girello multiplo”, inseriti i bambini andavano avanti indietro e potevano essere controllati

questo è l’originale, ingegnoso!

facciamo la “sfoglia”?  Almeno 20 uova e la fatica per tirarla? Bellissima.

le posate

la grattugia, praticamente un pezzo di ferro nel quale hanno fatto dei buchi con un punteruolo

la cesta nella quale trasportavano il maiale da portare al mercato. Ma quale lavoro, tra legno e corde!

guardiamoci negli occhi, per la proporzione, Mauro è alto 1,91.

Una delle sezioni più importanti è quella riservata alla canapa, dalla semina alla lavorazione del filo. A sinistra si vedono i “mannelli” fasci di canapa pronti per essere inseriti nei maceri.

Dopo aver visitato il museo si può (si deve) andare a pranzo alla “Locanda Smeraldi”, inserita nel parco della villa  ubicato in quel che una volta era la casa dell’ortolano dei Signori della Villa. E’ gestita dalla Cooperativa anima che “ha la missione di organizzare percorsi di inserimento al lavoro rivolti a soggetti “svantaggiati”. Ogni attività messa in campo, ha come obiettivo l’inserimento e il coinvolgimento di ragazzi e persone diversamente abili. Ogni volta che comprate qualcosa da noi, o usufruite di un nostro servizio, all’interno c’è una doppio valore: il primo è certamente il bene consumabile o il servizio, ma in aggiunta c’è l’operazione sociale di inserimento ed integrazione di soggetti “svantaggiati”. Comprando il nostro miele, avrete il vasetto con il miele, ma avrete anche sostenuto il lavoro sociale di ragazzi diversamente abili.”  http://www.coopsocialeanima.it/

Sono dei ragazzi gentilissimi,  supportati da studenti che fanno volontariato, si mangia benissimo, con prodotti della loro azienda agricola, pane e pasta fatta in casa.

Poi possiamo fare un giro nel parco con degli alberi bellissimi, di molte essenze e molto vecchi, c’è persino una altissima sequoia.

Immagine correlata