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Torta salata col cavolo….
Mi piacciono molto le torte salate, le quiches, o preparate con vari ingredienti oppure per riutilizzare degli avanzi che piangono in frigorifero.
Siccome ora è il periodo dei cavoli, ne approfitto e cerco di cucinarli in vari modi.
(foto di http://blog.dole.eu/it/)
A proposito sapete perchè ora è il periodo delle brassicaceae (cioè cavoli) ed è meglio mangiarli ? E perchè ora, in inverno, è meglio non mangiare fragole o ciliegie?
Le brassicacee sono una famiglia di piante particolarmente ricca di composti salutari che aiutano a combattere le principali malattie degenerative . Si tratta di ortaggi piuttosto comuni ed enormemente disponibili a buon mercato che hanno inoltre un considerevole contenuto di calcio, sono infatti la principale fonte alimentare di calcio di origine vegetale. Includono cavoli, broccoli, cime di rapa, cavolfiore, broccoletti, rape e molti altri meno diffusi. Il loro contenuto di vitamine, minerali e composti fenolici benefici è davvero stupefacente e servono per rafforzare le difese immunitarie e combattere anche i malanni stagionali. Ed ecco perchè la natura ce li propone in inverno, quando abbiamo più bisogno di difese.
Mentre è bene mangiare fragole e ciliegie, fresche e succose, solo in estate, senza fare esperimenti di portare questi frutti in tavola a Natale. Oltre tutto la frutta e verdura fuori stagione e non prodotta da noi, arriva da lontano, stressata dal viaggio e dai conservanti.
E allora vai di cavolo in cavolo, qui ho preparato una torta salata:
Ingredienti:
- pasta sfoglia
- cavolo nero
- pecorino
- noci
- uovo
Ho sbollentato il cavolo nero e messo sopra alla sfoglia in una tortiera rotonda, poi ho aggiunto del pecorino grattugiato e delle noci sbriciolate.
Ho piegato i bordi e spennellato con dell’uovo sbattuto.
Ho messo dei fiocchetti di burro e infornato per 30 min a 180°.
Buona anche tiepida e anche come antipasto e, se conservata in congelatore, comoda per quando si ha poco tempo per cucinare.
Le mie crescentine
Crescentina è un prodotto agroalimentare tipico dell’Emilia, ed è conosciuta anche con altri nomi.
Ad esempio: si chiama crescentina quella di Bologna, torta fritta a Parma, gnocco fritto a Modena e Reggio Emilia, pinzino a Ferrara e chisolino a Piacenza. Più o meno sono simili, ed è una pasta lievitata e fritta.
Mi sono cimentata nella preparazione, semplice, ma va curata sia nell’impasto che nella cottura. Non essendo emiliana, temevo di non esserne in grado, vista la faccia del marito, emiliano doc e quindi fervente custode delle tradizioni . Ma sono riuscite mooooolto bene, a detta anche degli amici e quindi ora sono emiliana anch’io a tutti gli effetti.
Ed ecco le mie crescentine: (ricetta tratta da un libro di tradizioni emiliane)
INGREDIENTI:
- 500 gr di farina
- 50 gr lievito di birra
- un cucchiaio di olio di oliva
- 1 cucchiaino di sale
- mezzo bicchiere di latte
- per friggere
- 50 gr di strutto
- 1 litro di olio di semi di arachide
Mescolare la farina, il sale, l’olio, il lievito e il latte fino ad ottenere un impasto consistente. Farlo riposare per un’oretta in una ciotola coperta, poi con il matterello tirare una sfoglia alta circa 5 millimetri.
Tagliarla a rombi, o come vi pare…
e dopo aver messo in una padella bassa lo strutto e l’olio, friggere la crescentina, e quando assume un colore dorato e si gonfia, girarla delicatamente sull’altro lato.
Quindi metterla su carta da cucina o quella apposita per i fritti in modo da assorbire l’unto eccessivo.
Usando una piccola parte di strutto le crescentine non saranno nè unte nè pesanti, ma assumeranno il loro gusto caratteristico.
Si accompagnano bene con i salumi, il parmigiano reggiano e i formaggi freschi, e….naturalmente con un bicchiere di Lambrusco.
E sono come le ciliegie, una tira l’altra.
Caponata catanese
Caponata catanese per distinguerla da tutti gli altri tipi di caponata presenti in Sicilia.
La caponata è un prodotto tipico della cucina siciliana. Si tratta di un insieme di ortaggi fritti (per lo più melanzane), conditi con sugo di pomodoro, sedano, cipolla, olive e capperi, in salsa agrodolce.
La Caponata da piatto conosciuto e consumato solo localmente nel territorio siciliano è diventata conosciuta nel mondo grazie all’attività industriale iniziata nel 1869 dalla famiglia Pensabene ed a seguire dalla Fratelli Contorno, un’antica famiglia di conservieri di Palermo. Veniva prodotta industrialmente nell’antico opificio in Corso Tukory a Palermo (ancora oggi visibile ma in disuso), inscatolata in lattine realizzate e saldate a mano, e da lì diffusa, commercializzata e apprezzata dai consumatori di varie parti del mondo, in particolare negli USA dove gli emigrati siciliani ritrovavano il sapore della loro cucina.
Il nome sembra derivi dal pesce Capone (Lampuga) servito in salsa agrodolce nelle tavole dei signori, il popolo, non potendo permetterselo, lo sostituivano con le melanzane ed ecco, grazie alla loro inventiva è nata la Caponata.
Troviamo quasi 30 ricette della caponata, ogni città, ogni provincia, quasi ogni famiglia ha la propria ricetta, che varia solamente per l’aggiunta di altri ingredienti.
E questa ricetta mi è stata gentilmente data da una mia amica catanese che l’ha avuta da sua mamma e prima da sua nonna. Quindi con un certo timore mi sono messa a prepararla.
INGREDIENTI:
- melanzane
- peperoni
- patata
- cipolla
- sedano (omesso perchè allergica)
- carota
- polpa di pomodoro un barattolo
- uva passa, mandorle, capperi
- olive bianche denocciolate, (non quelle da aperitivo, ma olive schiacciate e tolto il nocciolo)
- mezzo bicchiere di aceto
- mezzo bicchiere di zucchero
- sale pepe
- due foglie di alloro
Tagliare a cubetti le melanzane, i peperoni, la patata e friggerli separatamente. Mettere da parte le verdure fritte in una ciotola.
Nel frattempo soffriggere in una padella capiente cipolla, carote, olive, uva passa (precedentemente ammollata) i capperi e le mandorle.
Far rosolare bene e poi aggiungere la polpa di pomodoro, sale e pepe. Aggiungere le verdure fritte e far insaporire. Preparare mezzo bicchiere di aceto e mezzo di zucchero, mescolare bene e versare il liquido nella padella con le verdure, aggiungere due foglie di alloro e far cuocere altri 10 minuti.
E’ ottima calda, fredda o tiepida.
Rotolo fiori di zucca
Possiamo anche chiamarlo strudel, ma siccome io “spikko itagliano” lo chiamo rotolo.
Lo strudel (dal tedesco Strudel, “vortice”) è una pasta arrotolata o ripiena che può essere dolce o salata, ma nella sua versione più conosciuta è dolce a base di mele, pinoli, uvetta e cannella.
Lo strudel ha una ricetta che parte addirittura dall’VIII secolo a.C., ovvero al tempo degli Assiri; simili dolci si ritrovano anche nell’Antica Grecia del III secolo a.C.. Probabilmente, anche grazie alla via della seta la ricetta si è così tanto diffusa andando però a modificare quella originale in diverse varianti.
Dal 1526 il sultano Solimano il Magnifico avrebbe diffuso la sua ricetta nei territori conquistati, ovvero fino all’Ungheria. I continui contatti tra l’impero ottomano e quello austriaco fecero sì che anche la ricetta dello strudel passasse nell’impero austriaco, di cui entrò a far parte nel 1699 l’Ungheria, e dal 1867, in cui nacque l’impero austro-ungarico, arrivò in Trentino, Sudtirolo e nel Litorale.
E’ sempre affascinante scoprire le origini dei vari cibi, magari si è sempre pensato, come in questo caso, che lo strudel fosse appannaggio dell’Austria, invece no, arriva da lontano nel tempo e nei luoghi.
Il mio rotolo, salato, è così composto:
la pasta sfoglia già pronta, comoda per quando non si ha molto tempo.
per il ripieno:
- 4 uova
- 1 noce di burro
- parmigiano reggiano grattugiato
- fiori di zucca
- formaggio a fette
- sale
tuorlo d’uovo e acqua per spennellare.
Preparare il ripieno. Fare una bella frittata con una noce di burro e le uova ben sbattute, con il sale e il parmigiano reggiano. Aggiungere poi i fiori di zucca.
Stendere la pasta sfoglia e sopra mettere la frittata e del formaggio a fette.
Arrotolare bene tutta la pasta. Spennellarla con tuorlo e un goccio di acqua, ben sbattuti.
Ed ecco il risultato, ottimo anche freddo per un pic nic.
Carpaccio di barbabietola rossa
La barbabietola ( o rapa rossa) è la radice della pianta di barbabietola,(oh, si chiama così)….
Oltre ad essere usate come cibo, le barbabietole rosse sono usate come colorante alimentare rosso , per migliorare il colore e il sapore di concentrato di pomodoro , salse, dessert, marmellate e gelatine, gelati , caramelle e cereali per la colazione ( !!!!! ) e come pianta medicinale .
Di solito le radici viola scuro delle barbabietole vengono consumate bollite, arrostite o crude da sole o combinate con qualsiasi insalata di verdure. Inoltre consumarne il succo aiuta a ridurre la pressione sanguigna nelle persone ipertensive. Una grande parte della produzione commerciale viene trasformata in barbabietole bollite e sterilizzate e vendute sottovuoto nei supermercati, oppure in sottaceti . Nell’Europa orientale è molto usata e la zuppa di barbabietola, come il borscht , è un piatto popolare. Nella cucina indiana , la barbabietola tritata, cotta e speziata è un contorno comune. Anche la parte verde della barbabietola è commestibile. Le foglie giovani possono essere aggiunte crude alle insalate, mentre le foglie mature sono più comunemente bollite o al vapore, nel qual caso hanno un gusto e una consistenza simili agli spinaci. Io le uso cotte al vapore e tritate anche per le frittate.
Un tradizionale piatto olandese della Pennsylvania è l’ uovo di barbabietola sott’aceto . Le uova sode vengono lasciate marinare nel liquido lasciato dalle barbabietole sottaceto fino a quando le uova diventano di un colore rosso-rosa intenso.
Io acquisto le barbabietole rosse dal contadino e quindi le trovo freschissime e con tutte le foglie verdi, vi assicuro che il sapore è totalmente diverso da quelle del supermercato. Cercatele quindi anche nei negozi di frutta e verdura, così anche da riscoprire le “botteghe”.
Normalmente le cuocio o a vapore o nella pentola a pressione, ma questa volte ho preparato un carpaccio, tagliandole crude a fette sottili.
INGREDIENTI:
- 2 barbabietole rosse crude
- scaglie di parmigiano reggiano
- rucola
- noci
- olio di oliva
- sale
- aceto balsamico
Tagliare a fette sottili le barbabietole, metterle su un piatto da portata, spargere della rucola spezzettata e dei gherigli di noci.
Sopra mettere delle scaglie di parmigiano reggiano, preparare una vinaigrette con olio, aceto balsamico e sale, quindi condire bene il tutto.
Ma non sembra un carpaccio di bresaola?
E’ una ricetta semplice, facile e, se presentata ad un pranzo come antipasto, stupirà i vostri ospiti.
Asparagi nel sacchetto
Un po’ di storia sull’asparago
Il termine asparago o asparagio (dal greco aspharagos, che è dal persiano asparag, ossia germoglio) può designare sia l’intera pianta che i germogli della specie Asparagus officinalis L.
Fu coltivato e utilizzato nel Mediterraneo dagli Egizi e in Asia Minore 2000 anni fa. Mentre non sembra che gli antichi Greci coltivassero gli asparagi, i Romani invece già dal 200 a.C. avevano dei manuali in cui minuziosamente se ne espone la coltivazione. Agli imperatori romani gli asparagi piacevano così tanto, che, ad esempio, sembra che abbiano fatto costruire delle navi apposite per andarli a raccogliere, navi che avevano come denominazione proprio quella dell’asparago (“asparagus”).
Dal XV secolo è iniziata la coltivazione in Francia, per poi, nel XVI secolo, giunge all’apice della popolarità anche in Inghilterra; solo successivamente fu introdotto in Nord America. I nativi americani essiccavano gli asparagi per successivi usi officinali.
Della stessa famiglia dell’aglio e della cipolla, l’asparago condivide con essi anche alcune proprietà positive (grazie all’effetto diuretico è un coadiuvante contro gotta, calcoli renali, reumatismi e idropisia). In particolare esso ha un ruolo attivo nella diminuzione di casi di eczema
l gusto dell’asparago evoca il sapore del carciofo; quando è fresco ha un sentore di spiga di grano matura, in particolare si distinguono:
- L’asparago bianco, che germogliando interamente sotto terra (e quindi in assenza di luce) ha un sapore delicato.
- L’asparago violetto, dal sapore molto fruttato, è in realtà un asparago bianco che riesce a fuoriuscire dal suo sito e, vedendo la luce, quindi a sua volta attuando la fotosintesi, acquista un colore lilla abbastanza uniforme. Ha un leggero gusto amaro.
- L’asparago verde che germoglia alla luce del sole come quello violetto, ha però un sapore marcato e il suo germoglio possiede un gusto dolciastro. È il solo asparago che non ha bisogno di essere pelato.
In cucina si utilizzano germogli verdi o bianchi: gli steli dovrebbero essere duri, flessibili, resistenti alla rottura, dello stesso spessore e con le punte ancora chiuse, la base deve essere mantenuta umida, per mantenere il prodotto fresco.
Per la preparazione, occorre tagliare le estremità legnose dell’asparago e, a seconda della tipologia, togliere eventualmente la pelle bianca fino a 4 cm sotto il germoglio od oltre nel caso di asparagi vecchi o particolarmente grandi.
L’asparago per essere consumato viene prima lessato con acqua salata per breve tempo oppure cotto a vapore; il tempo di cottura tipico per gli asparagi è di circa 5 minuti, nonostante possa variare a seconda dello spessore. Dato che il germoglio è più delicato della base dello stelo, i risultati migliori si ottengono legando insieme non troppo stretti gli steli in modo che solo la parte inferiore sia cotta in acqua bollente, mentre i germogli, fuoriuscendo dall’acqua, subiranno una cottura a vapore.
(pentola Eono Essentials Set da 3 pezzi per cuocere Asparagi e Verdure al vapore)
Per preservarne il colore vivo gli asparagi verdi (così come per quasi tutte le verdure verdi) si possono raffreddare in acqua molto fredda immediatamente dopo la cottura.
L’asparago può essere servito in varie maniere e, a seconda delle tradizioni locali, esistono diverse preparazioni tipiche. Gli asparagi verdi in Italia sono spesso serviti facendoli saltare in padella previa lessatura, semplicemente con burro o burro e parmigiano (“asparagi alla parmigiana”). Inoltre possono venire accompagnati da uova al burro e formaggio grattugiato o sode.
Invece io li ho preparati nel sacchetto di pasta sfoglia. Da antipasto, da contorno, caldi o freddi.
INGREDIENTI:
- un rotolo di pasta sfoglia
- asparagi verdi
- buccia di limone
- burro
- semi di sesamo
Far bollire gli asparagi a vapore, a mezza cottura, preparare dei triangoli di pasta sfoglia e mettere gli asparagi nel mezzo, sciogliere del burro e pennellare gli asparagi.
Salarli leggermente e grattugiare della buccia di limone sopra. Richiudere la pasta a sacchetto, mettere sopra dei semi di sesamo ed ancora un po’ di burro fuso. Mettere in forno per 15 minuti circa a 180°.
Nei sacchetti si possono mettere tre, quattro asparagi, quanti ne vogliamo. Volendo, per dare più colore, si possono pennellare con tuorlo sbattuto con un po’ di acqua o del latte.
Sono riusciti molto bene, deliziosamente profumati al limone, croccanti al punto giusto.