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Parole… parole…

Io non dico parole, ma faccio chiacchiere, quelle di Carnevale…..quelle fritte o al forno. Parliamo un po’ del carnevale.

Icarnevale è una festa mobile che si celebra nei paesi di tradizione cristiana e in particolare in quelli di rito cattolico.

 La parola ‘carnevale’ deriverebbe dal latino carnem levare (“eliminare la carne”), poiché indicava il banchetto che si teneva l’ultimo giorno di Carnevale (Martedì grasso), subito prima del periodo di astinenza e digiuno della Quaresima.

Molte sono le città dove si svolgono i più importanti carnevali, ad es:

VENEZIA famosa per le splendide maschere

Risultato immagini per maschere veneziane

VIAREGGIO:  ha origine nel 1873 ed è uno dei più importanti e maggiormente apprezzati carnevali a livello internazionale. Secondo alcuni, è annoverato, insieme a quello di Venezia, tra i dieci migliori carnevali al mondo. A caratterizzarlo sono i carri allegorici più o meno grandi sui quali troneggiano enormi caricature in cartapesta. È a Viareggio infatti che nasce il primo carro allegorico in carta pesta nel 1925. Ed è qui che vengono realizzati i carri più grandiosi in questo materiale.

Risultato immagini per carri allegorici carnevale di viareggio

ACIREALE è uno dei più antichi della Sicilia. Tra le sue caratteristiche vi è la sfilata di  carri infiorati, ricoperti da centinaia di fiori e danno il loro spettacolo anche di notte, attraverso migliaia di lampadine e luci, movimenti spettacolari e scenografie in continua evoluzione durante le esibizioni.

Risultato immagini per carnevale di acireale carri infiorati

IVREA, famoso per il suo momento culminante della Battaglia delle Arance, è considerato uno tra i più antichi e particolari al mondo. L’intero carnevale rappresenta, sotto forma di allegoria, la rivolta dei cittadini per la libertà dal tiranno della città, la battaglia tra il popolo e le truppe reali viene rievocata durante il carnevale, dove le squadre di Aranceri a piedi (ossia il popolo) difendono le loro piazze dagli aranceri su carri (ossia l’esercito) a colpi di arance a rappresentare le frecce. Ora si potrebbe pensare che sia un inutile spreco gettare tutte quelle arance, ma, all’anno, sono 600 quintali di arance altrimenti destinate al macero e prodotte da aziende che lavorano appositamente per il carnevale di Ivrea, festa che quindi riesce anche a dare lavoro a numerose famiglie in Calabria e Sicilia. Sono chiamate anche “arance della legalità” perchè necessitano di una certificazione antimafia  che ne garantisca l’estraneità da pratiche di sfruttamento e neo-schiavismo.

Risultato immagini per carnevale di ivrea

Dove si osserva il rito ambrosiano, ovvero nella maggior parte delle chiese dell’arcidiocesi di Milano e in alcune delle diocesi vicine, il Carnevale finisce con la prima domenica di quaresima; l’ultimo giorno di carnevale è il sabato, 4 giorni dopo rispetto al martedì in cui termina dove si osserva il rito romano. La tradizione vuole che il vescovo sant’Ambrogio fosse impegnato in un pellegrinaggio e avesse annunciato il proprio ritorno per carnevale, per celebrare i primi riti della quaresima in città. La popolazione di Milano lo aspettò prolungando il carnevale sino al suo arrivo.

Per carnevale si preparano molti dolci, le chiacchiere (sfrappole, cenci, crostoli ecc. secondo le regioni) ravioli ripieni ecc.  E dopo tante chiacchere ecco le mie chiacchiere o sfrappole.

INGREDIENTI:

  • 300 gr di farina
  • 2 uova
  • 50 gr di zucchero
  • 1 pizzico di sale
  • la buccia grattugiata di un limone
  • 3 cucchiai di olio di semi
  • il succo di un’arancia
  • zucchero a velo
  • olio di semi e strutto per friggere

Si possono preparare anche con il Bimby. tutto nel boccale e impastare 2 minuti vel. spiga, poi proseguire come da ricetta.

Impastare normalmente in una ciotola e poi, sulla spianatoia, dividere l’impasto in  panetti e tirarli con il matterello o con la macchinetta in una sfoglia sottile. Tagliare delle strisce con la rotella dentata e quindi friggerle in olio e strutto. si mettono nella padella, girarle subito e levarle. Metterle su un foglio di carta o da cucina o da fritti e, quando fredde, mettere dello zucchero a velo. Io, dovendole regalare a dei bimbi, ho preferito le codette colorate.

 

 

 

 

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Vegetariani a tutti i costi

Vegetariani o vegani a tutti i costi, un pò lo sono anche io, mangio pochissima carne, ma non toglietemi i formaggi, qui poi nella patria del parmigiano reggiano….

Ma la dimostrazione migliore dell’essere vegetariano è quella che ho visto a Londra, nel quartiere un po’ folle di Camden Town, a nord della città. Zona di mercati  popolari tra i giovani, in particolare chi è in cerca di vestiti alternativi e diversi di questi mercati sono famosi per lo spaccio di droghe come lecca lecca al gusto di cannabis e poppers.

rinfreschiamoci un po’…con  figli e  nipoti…

dove ora sono i mercati una volta erano le stalle dei cavalli dei reali

qui ci sono i mercati con le insegne più folli che abbia mai visto

 

ed ecco un negozio  con una musica talmente assordante che entrando (io no) sembra di essere drogati.

qui si trovano ogni tipo di scatole di cereali e la fantasia non ha limiti…cereal killer = serial killer…

ma per tornare al vegetariano, questo negozio merita l’Oscar

in pratica…scarpe di plastica…

Anche il compleanno a spasso…

Il giorno dopo la festa della mamma è stato il mio compleanno, e allora avendo io deciso di non fare niente, anzi “gnente” (rafforzativo) siamo andati a spasso e siamo arrivati a Castrocaro Terme – Terra del Sole in provincia di Forlì.

Ci tenevo a vedere Terra del Sole, che nel 1500 era una enclave del Granducato di Toscana nello Stato Pontificio. E’ un piccolo borgo circondato da possenti mura,

con dei piccoli quartieri e una bella piazza d’Armi. Solo che ora è quasi inglobato in Castrocaro Terme e l’hanno tagliato in due da una strada che lo attraversa da porta a porta. Orribile. Non essendo molto grande avrebbero potuto circondarlo con una strada esterna e lasciare intatto il fascino di questo pezzo di storia.

La località apparteneva fino al 1923 alla Toscana. Terra del Sole fu voluta da Cosimo I de’ Medici, primo Granduca di Toscana (1519-1574), fu lo stesso Granduca, recatosi in questi estremi confini del suo Stato, a “designare” il luogo della nuova città fortezza e ad assegnarle il nome.

La decisione di costruire ex novo una città fortificata nell’enclave romagnola rientrava in una precisa politica di difesa dei confini del Granducato di Toscana.

antica pianta della Terra del Sole –

Terra del Sole diventerà sede di mercato per esercitare una vera e propria forma di controllo sulla copiosa produzione agricola del territorio romagnolo. Oltre all’approvvigionamento di grano il mercato di Terra del Sole avrebbe garantito anche quello del sale che proveniva dalla vicina Cervia.

Il Granduca, sempre preoccupato per l’incombente spettro della carestia, per ovviare alle carenze di grano della Toscana, ne avrebbe fatto incetta nella fertile Romagna: l’alimento che in tempo di carestia era un vero e proprio bene prezioso, avrebbe trovato custodia più sicura  all’interno delle mura di un deposito fortificato quale la città di Terra del Sole, trasformata all’occorrenza in un enorme granaio dello Stato mediceo.

Quando la città fu inaugurata (1564),  si manifestò un avvenimento meteorologico particolare: dopo giorni di nebbia fittissima, mentre si celebrava la messa il cielo si aprì ed il sole illuminò il luogo , per richiudersi a cerimonia conclusa. Questo episodio fu interpretato come segno di augurio e contribuì ad avvolgere la nascita di Terra del Sole in un’aura di leggenda ed a rafforzare l’identificazione tra la figura di Cosimo I de’ Medici e la simbologia del sole.

Dopo aver capito la storia di questo posto, lo abbiamo girato lungo tutto il suo perimetro, da una porta e la sua piccola fortezza,(del Capitano delle Artiglierie) all’altra con un’altra piccola fortezza ( del Governatore) lì a guardia degli ingressi del borgo, il primo è privato.

Affascinante pensare come poteva essere nel 15oo, cosa poteva essere il mercato o l’adunata degli armigeri nella Piazza d’Armi……ora invece proprio davanti al bellissimo Palazzo Pretorio, dove passa la famigerata strada, quasi sui suoi gradini, sfrecciano le auto, le moto ecc. snaturando così il fascino del luogo.

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Prospiciente alla Piazza d’Armi, la chiesa di Santa Reparata, iniziata nel 1594 e terminata nel 1609: impianto monumentale rinascimentale classico a croce latina contenente pregevoli pitture.

Si sa che in Romagna si mangia bene ed allora siamo andati a pranzo in un locale caratteristico, ai piedi della fortezza di Castrocaro. Interessante anche questa, costruita nel XVI secolo. Ma questo farà parte della prossima gita.

Siamo andati all’Osteria “Postierla”, Caratteristico, grezzo, antico, tutto scavato nella roccia (arenaria). Il locale è stato ricavato dalle già sottostanti cantine dell’ex Monastero Benedettino del 1200; una stupenda acquasantiera è esposta nel locale. Sul pavimento una grande botola di solido vetro trasparente mostra i meandri sottostanti (forse le segrete…) in realtà erano le cantine dell’ex-Monastero. Il nome “Postierla” sarebbe la denominazione della porta per accedere alla cantina dei Frati! molto originale.

Anche qui troverete la recensione nella pagina “Ristoranti sì e no”.

Dopo aver mangiato molto bene, siamo tornati a fare un giretto a Terra del Sole, sempre più convinta che in Italia abbiamo tanti tesori sconosciuti e soprattutto non custoditi come meritano.

 

Celebrazione del 450° Anniversario della Fondazione di Terra del Sole

(foto Città d’arte Emilia Romagna)

così dovrebbe restare la piazza della fortezza, come quando celebrano l’anniversario della fondazione di Terra del Sole.

Festa della mamma ad Este

Festa della mamma: su questo tipo di feste io non sono d’accordo, troppo consumismo, se vuoi festeggiarla devi ricordarti di lei e considerarla prima di tutto una donna, senza tante retoriche.

Ma mia figlia, mamma anche lei, ha voluto cogliere l’occasione per trovarci e siamo andati a spasso ad Este. Una graziosissima cittadina con un castello, la sua cinta e i giardini interni molto ben conservati. Tante volte passiamo vicino a delle cittadine, paesi e non ci accorgiamo di quali scrigni storici, paesaggistici e gastronomici esse nascondano.

Immagine correlata (Foto di luca-rigato)

Piazza Maggiore con i leoni

Un po’ di storia per capire meglio cosa si va a vedere.

“Este  è stata abitata da tempi molto antichi: già nell’età del ferro, infatti, era il principale insediamento degli antichi Veneti o Paleoveneti, i quali svilupparono la città, facendo fiorire l’economia grazie agli scambi con le civiltà limitrofe, ma anche con i Greci e i Romani. In seguito alle invasioni barbariche e alla caduta dell’Impero romano d’Occidente, Este si spopolò, riducendosi a villaggio rurale. Nell’XI secolo la casata degli Este s’impossessò dell’area e contribuì alla sua rinascita: dopo l’anno Mille, infatti, la città si ripopolò attorno al castello. Poi Este divenne una delle numerose proprietà  della famiglia degli Ezzelini, tra cui il più celebre fu Ezzelino III da Romano che, alleato di Federico II di Svevia, conquistò per ben due volte Este (1238 e 1249), e nel farlo danneggiò fortemente il castello, la famiglia d’Este frattanto aveva trasferito la sua residenza a Ferrara (1239), città che sarebbe divenuta la loro nuova capitale. Dopo la morte di Ezzelino, in un panorama regionale che vedeva contrapposti ScaligeriCarraresi e Visconti, apparve sulla scena Cangrande della Scala , il quale distrusse il castello nel 1317. Nel 1339Ubertino da Carrara, signore di Padova, fece ricostruire il castello così com’è tuttora.”

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Oltre al castello, la cui cinta muraria è lunga più di un chilometro, ci sono molte architetture religiose, tra le quali spicca il duomo di Santa Tecla nella piazza Maggiore e alcune ville importanti come la Villa Mocenigo, sede del museo nazionale Atestino.

Dentro al castello, tra il Sei e il Settecento, sotto la proprietà dei Mocenigo, venne realizzato un vasto giardino, esteso fino alle propaggini della collina, ai lati di una scenografica scalinata.  Il parco settecentesco subisce una radicale trasformazione negli anni 1914-’15, quando si decide di risistemare l’area verde, i lavori comportano la demolizione della ripida scalinata veneziana e la creazione di terrazzamenti digradanti. Prendono così forma i giardini all’italiana come oggi li vediamo, con viali ordinati e aiuole geometriche, che conservano diverse piante secolari.

ci sono aiuole piene di rose di tutti i colori, da perdersi….

una fontana alla base della scalinata che porta alla sommità della collina dove c’è il mastio.

 

Il mastio era aperto e ci ha accolto per la visita, Alberto, dell’Associazione Culturale Alicorno  .

E’ stata una spiegazione dettagliata e, mentre gli altri salivano fino in cima per ammirare un panorama meraviglioso, fino ai Colli Euganei, io sono rimasta giù ad ascoltare tutto quello che Alberto raccontava, in maniera tale che mi pareva di rivivere la vita di quel tempo, vedere il popolo nel villaggio fuori le mura, il susseguirsi delle famiglie e le battaglie……e’ stato molto interessante e ha fatto venire la voglia di fare altre visite con questa Associazione.

E’ arrivata naturalmente l’ora di pranzo ed io avevo scoperto un locale che prepara dei piatti tipici veneti.  ” Ostaria Nova”

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sì, cucina e bottega dove vendono salumi formaggi e vini.

Per tutto  quello che riguarda l’Osteria Nova, vi rimando naturalmente alla mia pagina – Ristoranti Sì e No –

Dico subito che siamo stati molto soddisfatti, un’ottima gita e abbiamo scoperto tante cose su Este, un ottimo pranzo e un bellissimo regalo da mia figlia, che comprendeva sia la festa della mamma che il mio compleanno.

Serenità  questo è quello che ho provato. Grazie Mauro, Roberta e Diego.

 

 

 

 

 

Puglia, ultimo atto

E così siamo arrivati alla fine del nostro viaggio nel nord della Puglia, bellissima terra, persone gentilissime, ottima eno-gastronomia e il desiderio di ritornare è molto forte.

Ci siamo fermati a NOCI, paesino la  cui caratteristica sono “Le gnostre” (da claustrum etimo di chiostro) che sono dei piccoli spazi che si aprono nelle viuzze del centro antico, un tempo vere e proprie strade poi richiuse per far posto alla costruzione di nuove abitazioni in seguito all’incremento demografico registrato durante il XVIII secolo. Buon ristorante “L’Antica locanda”.

Da lì siamo passati da ALBEROBELLO,

di cui tralascio il racconto, perchè è un paesone molto turistico e conosciutissimo, parlerò in un altro articolo solo del ristorante “Evo” uno dei migliori dove siamo stati.

Tralascio anche il racconto delle GROTTE DI CASTELLANA, solo perchè molto conosciute anche loro, però con passaggi molto stretti per cui dopo mezzo percorso io ed un’altra signora abbiamo dovuto uscire, accompagnati da una gentile guida, perchè eravamo senza fiato, poco ossigeno e troppa anidride carbonica. Comunque per me sono molto più belle ed interessanti le Grotte di Frasassi.

L’ingresso naturale alle grotte è un’enorme voragine profonda 60 mt. denominata “Le Grave”. Unica foto del mio percorso….

Da lì siamo arrivati ad OSTUNI, dove mi fermo, perchè ne vale la pena.

Detta anche Città Bianca, per via della caratteristica  peculiare del centro storico, che era l’imbiancatura a calce delle case fino ai tetti. L’uso, attestato sin dal Medioevo, deriva, oltre che dalla facile reperibilità della calce come materia prima, dalla necessità di assicurare alle viuzze e agli ambienti ristretti di impianto medievale una maggiore luminosità, data dalla luce sia diretta che riflessa. Questo costume ha rivestito anche un ruolo importante storicamente nel XVII secolo quando l’imbiancatura a calce fu l’unico modo per evitare che la peste dilagasse nella cittadina ed il contagio aumentasse sino a portarne la distruzione.

Dopo aver pranzato in piazza, all’ombra della Guglia di Sant’Oronzo, alta m 20.75, dall’esuberante decorazione barocca e dopo aver visto che per girare il centro storico (in salita)  occorrevano buone gambe, fiato e…….voglia, abbiamo optato per… l’Ape car,

che ci ha permesso di visitare tutti gli angoli di questa città.

 

Ma una delle cose straordinarie di questa città è stato il ritrovamento di uno scheletro di donna gravida, in una grotta  di Santa Maria di Agnano, un luogo di straordinaria ricchezza archeologica a pochi chilometri da Ostuni.

Delia (nome datole dal professor Coppola) aveva una ventina d’ anni, era alta, slanciata e nell’ aspetto identica alle sue attuali discendenti. Apparteneva a un clan di cacciatori e come loro aveva gambe lunghe e robuste per inseguire i cavalli che pascolavano bradi nella prateria. Morì nel tentativo di dare alla luce un figlio. Il corpo gravido venne trasportato nell’ ampia caverna che durante la brutta stagione offriva riparo ai cacciatori. La mano destra, adorna di un bracciale, le venne adagiata sul grembo, come a simulare un gesto di materna dolcezza. Dopo la scoperta il blocco di pietra contenente lo scheletro fu trasportato nel Museo di Ostuni e lì venne separato dal resto della pietra. Una volta individuato lo scheletro raggomitolato di Delia, all’ altezza del bacino, comincia a prendere forma anche il feto, di cui si riconoscono tutte le ossa tenere del cranio, la mandibola, le braccine ripiegate, la minuta gabbia toracica. “Sebbene le sepolture paleolitiche siano piuttosto rare in Italia, l’ enorme valore scientifico del ritrovamento è essenzialmente dovuto alla presenza del feto: finora unico al mondo per il periodo Pleistocenico”,spiega il paleoetnologo Donato Coppola, autore del ritrovamento. Il reperto ha 24.410 anni. Con misure antropometriche del feto,  si è potuto stabilire che, quando morì, la donna era incinta di oltre otto mesi.

( da: archivio/repubblica/1992/10/29/delia-donna-infelice-di-24-mila-anni.)

La donna presenta anche un braccialetto di conchiglie forate e un copricapo  costituito da circa seicento conchiglie  impastate con ocra rossa (materiale a quei tempi prezioso e difficile da trovare). Il che fa suppore una cura particolare nella sepoltura. Nel museo è stata riprodotta così come è stato ritrovato lo scheletro e deve essere emozionante vedere un reperto così antico e misterioso.

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Non abbiamo potuto andare a visitarla perchè il museo era chiuso, allora è un buon motivo per ritornare.

Poi abbiamo visto da lontano LOCOROTONDO, altra cittadina interessante da visitare.

Ci siamo trasferiti poi verso il mare, sulla strada del ritorno a casa. Prima ci siamo fermati a MONOPOLI, che rappresenta, sull’Adriatico uno dei porti più attivi e popolosi della regione. Il suo caratteristico centro storico di origine alto-medievale, sovrapposto ai resti di un abitato messapico fortificato già nel V secolo a.C., si affaccia sul mare circondato da alte mura.

Notevole anche la Concattedrale della Madonna della Madia,

 

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In una cappella della chiesa ci sono le travi di una zattera sulla quale, secondo la tradizione, l’icona della Madonna arrivò nel 1117 nel porto di Monopoli.

Proseguendo siamo arrivati a TRANI,  conosciuta anche come “la perla dell’Adriatico“, è famosa per la Cattedrale romanica che si affaccia direttamente sul mare,ed è inserita nella lista delle “meraviglie italiane“, oltre che per la produzione di un particolare tipo di marmo (la pietra di Trani) e di vinoMoscato.

Il castello svevo è stato edificato nel 1233 sotto il regno di Federico II. Nel castello soggiornò spesso il figlio di Federico, Manfredi.

Il porto

Cattedrale –

Classico esempio diarchitettura romanica pugliese la Cattedrale venne costruita durante la dominazione  normanna, iniziata nel 1099 e ultimata nel 1143 ed è dedicata a San Nicola Pellegrino. La costruzione è stata realizzata usando il materiale di tufo calcareo tipico della zona: si tratta della pietra di Trani estratta dalle cave della città, caratterizzata da un colore roseo chiarissimo, quasi bianco.

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Dopo aver pranzato nel ristorante “L’altro molo” sul quale stendo un velo pietoso e non ve lo consiglio, siamo ripartiti verso casa, un po’ cupi come il cielo, ma felici di aver trascorso una settimana alla scoperta di posti meravigliosi, ricchi di storia, alcuni addirittura poco conosciuti,

In un autogrill dell’autostrada c’è un cartello che dice: “Siete in un paese meraviglioso”, cerchiamo di far sì che continui ad essere vero.

 

 

                                               

 

Puglia / Basilicata -Matera

Stiamo ancora viaggiando per la Puglia, ma  siamo passati in Basilicata per arrivare a Matera, città tanto decantata da tutti, assolutamente da visitare per vedere anche i famosi Sassi, ma soprattutto per capire cosa essi realmente siano e cosa abbiano voluto dire nella vita della città.

Nota con gli appellativi di “Città dei Sassi” e “Città Sotterranea”, è  una delle città ancora abitate più antiche al mondo. I Sassi sono stati riconosciuti il 9 dicembre 1993, Patrimonio dell’umanità dall’UNESCO, primo sito dell’Italia meridionale a ricevere tale riconoscimento.

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Il torrente Gravina di Matera,  scorre nella profonda fossa naturale che delimita i due antichi rioni della città: Sasso Barisano e Sasso Caveoso. Sull’altra sponda c’è il  Parco della Murgia Materana. Gli antichi rioni chiamati “Sassi“, assieme con le cisterne ed i sistemi di raccolta delle acque, sono la caratteristica peculiare di Matera. Si tratta di originali ed antichi aggregati di case scavate nella calcarenite.

Le origini di Matera sono molto remote e ne è testimonianza il ritrovamento nel territorio circostante di alcuni insediamenti senza soluzione di continuità sin dall’età paleolitica. ( Paleolitico fu il primo periodo della preistoria in cui si sviluppò la tecnologia umana, con l’introduzione dei primi strumenti di pietra da parte di diverse specie di ominidi, circa 2,5 milioni di anni fa). A partire dall’VIII secolo, il territorio materano fu teatro di una notevole immigrazione di monaci benedettini e bizantini, che si stabilirono lungo le grotte della Gravina trasformandole in chiese rupestri.

Matera è tra le città decorate della medaglia d’argento al valor militare per la guerra di liberazione e il Ministro della Difesa decorando con la medaglia il gonfalone della città ,scoprì una lapide con la seguente iscrizione:

« Matera prima città del Mezzogiorno insorta in armi contro il nazifascismo addita l’epico sacrificio del 21 settembre 1943 alle generazioni presenti e future perché ricordino e sappiano con pari dignità e fermezza difendere la libertà e la dignità della coscienza contro tutte le prevaricazioni e le offese. »

Penso che su questa frase ci sia da meditare ancora oggi.

La cattedrale,  della Madonna della Bruna e di Sant’Eustachio in stile romanico pugliese, fu costruita nel XIII secolo sullo sperone più alto della Civita che divide i due Sassi,  il punto più alto e visibile della città ove sorse il primo nucleo abitato dei Sassi, sull’area di un monastero benedettino. Si scoprì all’inzio del ’900  che fu costruita su un terrapieno artificiale per innalzare ulteriormente la sua posizione ( rimane visibile da tutti i punti della antica città e dalle campagne circostanti). Durante i  lavori furono scavate delle profonde trincee che rivelarono in 12 metri, man mano che si scendeva in profondità,  tutti gli antichi strati abitativi della città: abitazioni medioevali, una chiesetta paleocristiana ed abitazioni della stessa epoca, reperti  bizantini come monete e resti archietettonici , un altro piano di abitazioni romane, sepolcri  greci con importanti vasi facenti parte del tipico corredo funerario e infine resti di ceramica ingubbiata (ceramica con rivestimento invetriato dipinto con decorazione graffita) caratteristica della prima età del ferro. Una “radiografia”, insomma, della vita antica di Matera.

 

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A differenza dell’interno che nel tempo ha subìto diverse trasformazioni, l’esterno conserva quasi intatta la sua forma originaria, mentre l’interno è di fattura barocca. Ha pregevoli opere d’arte, tra cui un presepio di Altobello Persio, scultore attivo in Basilicata per tutto il Cinquecento, in pietra policroma.

E’ radicata nei materani la convinzione che il nome della Madonna Bruna provenga dal colore bruno della sua immagine  presente nel Duomo. Il restauro però ha smentito tale tesi, infatti il colore è piuttosto chiaro e l’opacità era dovuta al fumo delle candele accese nella Chiesa Madre dai credenti nei secoli. Il nome fu quindi probabilmente istituito da Urbano VI nel momento stesso in cui propose l’istituzione di questa festa (1389).

Ogni anno gli artigiani del posto costruiscono un grande carro trionfale, tutto in cartapesta, sul quale, il 2 luglio, viene portata in processione la Madonna.

 

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prima di rientrare in cattedrale il carro viene assaltato dai presenti e distrutto, in modo che, chi riesce, si porta a casa un pezzo del carro benedetto, quale buon augurio per l’anno. Ed ogni anno viene ricostruito un altro carro.

Ma la cosa più interessante di Matera sono senza dubbio i “Sassi”, spettacolo incredibile e inimmaginabile se non si vedono dal vero. Ma su questo farò un articolo a parte, tante sono le cose da dire.

A Matera siamo stati in un graziosissimo Residence – “Frammenti”, troverete l’articolo apposito.

Ci siamo fermati due giorni, perchè Matera non è “toccata e fuga”, bisogna visitarla, ascoltare la sua storia, cercare di immagazzinare più immagini possibili e pensare…qui ritornerò.

La prima sera siamo andati in un ristorante  – “La grotta nei sassi” –  che si trova in pieno centro storico di Matera  ed è collocato all’interno di grotte scavate dall’uomo. Vicino c’è  una bellissima Terrazza Panoramica che si affaccia sul meraviglioso scenario del Sasso Barisano . Avete presente un presepio? Ecco alla sera i Sassi danno questa impressione.

ingresso alla Matera sotterranea

«Matera Sum Ipogeo»,  si tratta «di un percorso sotterraneo rinvenuto dopo circa un anno di scavi, a cui è stato dato il nome di ‘Matera Sum’. E’ una straordinaria testimonianza, ‘una città sotto la città’, case, strade, cisterne, ambienti produttivi e luoghi di culto della città medievale. Questi elementi rendono unico il sito».

Spesso sotto le strade del centro storico si nascondono ambienti scavati che furono chiusi quando la città si sviluppò. Una delle tante dimostrazioni è venuta alla luce negli anni Novanta con i lavori di sistemazione della Piazza Vittorio Veneto. Sotto l’intera piazza si nasconde quella che era l’organizzazione principale di Matera: Il Fondaco di Mezzo (cioè l’antico mercato della città), il Palombaro Lungo (cioè una grossa cisterna per la raccolta dell’acqua) e la cripta dello Santo Spirito.

(io non ho un cappello piumato in testa…è il fotografo che non sta attento…)

Il giorno dopo siamo andati, su consiglio, ottimo consiglio, della guida che ci ha portato a visitare i Sassi, al Ristorante “La Latteria”, storico locale dedicato ai prodotti caseari e all’enogastronomia lucana. Io che amo i formaggi, figurarsi se non ci andavo.

E al pomeriggio? Stanchi della lunga visita del mattino ai Sassi, a piedi e sotto il sole, abbiamo parcheggiato i nostri mariti in piazza al bar e Lorenza ed io siamo andate in giro per shopping. Girovagando per la città moderna con uno sguardo, comunque, ai Sassi, ci siamo riposate così, per arrivare alla sera a cena, naturalmente.

Siamo andati al ristorante “Il Terrazzino” che è il luogo ideale dove poter apprezzare i sapori tradizionali della cucina materana e, nel contempo, lo straordinario spettacolo dei Sassi di Matera, grazie all’ampia terrazza panoramica e agli interni molto caratteristici.

Non dimentichiamo il pane di Matera, che si distingue dal pane di Altamura per la forma diversa. Quello di Altamura è fatto con un riporto

quello di Matera a forma di croissant

Il Pane di Matera: Simbolo di una città

comunque buoni entrambi, ne abbiamo portato a casa, dopo una settimana sprigionavano ancora il profumo.

Farò le recensioni dei ristoranti nei vari articoli e nella pagina “ristoranti sì e no”.

Il prossimo articolo sarà tutto per i “Sassi”, saranno le mie impressioni e le mie emozioni nel vedere dal vivo una testimonianza così antica di abitazioni, con tutta la loro storia.

 

 

 

 

 

 

Trattoria “Tre Archi” Altamura

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A spasso per Altamura cercavamo un posto dove mangiare, possibilmente bene, tipico e abbordabile come prezzo.

Perchè noi non siamo da “street-food” o panini vaganti, ci piace mettere le gambe sotto ad un tavolo e goderci il pranzo in tranquilità, siamo in gita o no? E  due passi dalla Cattedrale abbiamo scovato questa trattoria “Tre archi”.

La loro presentazione:

Benvenuti nella genuinità  tradizione bontà km zero, dal Nostro orto alle Nostre tavole GUSTO per VOI
TRE ARCHI è anche una FAMIGLIA che offre sempre il meglio a CHI sceglie di trascorrere del tempo GUSTANDO SAPORI TIPICI in un ambiente ACCOGLIENTE. A PRANZO E A CENA PUOI DEGUSTARE PIATTI della TRADIZIONE ALTAMURANA e una ECCEZIONALE PIZZA.

I simpatici proprietari Mina e Peppino.

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Subito vicino all’ingresso una signora prepara la pasta fresca.

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saletta superiore

una sala della trattoria

Poi c’è una sala superiore con un bel terrazzo e sopra ancora la zona longue, per il dopo cena o per festeggiare compleanni ricercati. O per riposare dopo aver ben mangiato….

io seduta reduce dalla scivolata…..

Cominciamo a parlare di cibo e abbiamo iniziato con degli antipasti tipici: (notare la mano di un affamato…) focaccia pugliese e ricotta fresca con confettura di sedano

Lampascioni fritti con cotto di fichi. Indescrivibile il loro sapore, dal momento che sono dei tuberi che hanno un gusto particolarmente amaro, ma lo hanno un po’ perso preparati così. Sono da gustare, tanto sono ottimi, abbinamento riuscitissimo.

Il lampascione è detto anche cipolla canina, cipollaccia turchina, cipollaccio col fiocco o giacinto dal pennacchio (Muscari comosum), è una pianta erbacea  diffusa nelle regioni mediterranee. I fiori della sua pianta sbocciano in primavera e sono persistenti fino all’estate.

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Il bulbo globuloso di tale pianta, ricco di sali minerali e che cresce a 12-20 cm circa nel sottosuolo, è simile a una piccola cipolla di sapore amarognolo e sono riconosciuti come uno dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani di Basilicata e Puglia.

Cicerchia saltata con cipolla, pancetta e funghi cardoncelli fritti, cosa dire…. molto particolare.

La cicerchia (Lathyrus sativus) è un legume particolarmente importante in aree tendenti alla siccità ed alla carestia, detta coltura di assicurazione poiché fornisce un buon raccolto quando le altre colture falliscono. Il consumo di questa pianta leguminosa in Italia è limitato ad alcune aree del centro-sud ed è in costante declino. Qui invece, in questa trattoria, mantengono una tradizione che si sta perdendo.

Questo è un piatto di pane raffermo saltato con le erbette, non ricordo il nome, ma è la dimostrazione che non bisogna buttare via nulla, quindi è un perfetto riuso del pane (di Altamura) raffermo, buonissimo.

Involtino di melanzane con ricotta e provola affumicata, e tortino di melanzane, quando il formaggio si sposa bene con le verdure.

tagliere di formaggi locali – caciocavallo, pecorino – prodotto dai cognati dei proprietari in una masseria vicina, con confettura di pomodorini.

poi si intravede nelle foto il piatto dei salumi che contiene: capocollo e la pancetta arrotolata di Martina Franca, presidio Slow Food.

Martina Franca è un altra bellissima cittadina da visitare.

Nella lavorazione del capocollo viene aggiunto il vino locale e le erbe aromatiche tipiche della macchia mediterranea. L’affumicatura avviene bruciando il legno e la corteccia di un fragno (Quercus trojana) originario dei Balcani. In Italia è presente solo in Puglia (sulle Murge) e in Basilicata (nella zona della Murgia Materana)  Caratteristica dell’albero: in autunno le foglie seccano ma non cadono; a primavera vengono sostituite dalle nuove in maniera che la chioma non rimanga mai spoglia. I maiali da cui provengono le carni utilizzate nel prodotto sono allevati in boschi di fragno e si nutrono di ghiande degli stessi arbusti.

E non è un’eccellenza italiana questa?

Abbiamo mangiato anche le orecchiette (rigorosamente fatte a mano nel ristorante) con le cime di rapa, ovviamente.

Orecchiette con cime di rapa

foto dal web perchè mi hanno impedito di fotografare quelle della trattoria, le stavano mangiando di gusto !!!

dolce di ricotta, notare i quattro cucchiai perchè non volevamo rinunciare a questo dolce prelibato, ma…non ci stava altro.

Direi che a questo punto, passando da Altamura, la Trattoria Tre archi è assolutamente da visitare per fermarsi a mangiare le specialità locali, fresche, genuine e preparate con amore.

Voto: 5/5