Archivi categoria: ristoranti

Ristorante l’Airone

Questo ristorante è inserito in un agriturismo alle porte di Bologna, a Granarolo dell’Emilia, a soli 3 km dall’uscita del casello Bologna Interporto.   E’ un casale molto ben ristrutturato e  si presenta bene in un contesto molto ampio. Con dei bei prati intorno per cui i bambini possono correre tranquillamente. Le sale grandi che possono accogliere molte persone, normalmente ben distribuite, ma oggi c’era una compagnia molto rumorosa che sicuramente ha disturbato molti clienti. Questo è un problema non certo del gestore, che non può intervenire, ma solo rammaricarsene, ma di mala-educazione delle persone, che credono che in locale pubblico possano urlare a loro piacimento.

Nonostante ciò abbiamo pranzato sempre molto bene, personale molto gentile, attento e disponibile. La cucina è molto curata, con pasta fresca fatta in casa, hanno dei macchinari che si possono vedere all’ingresso, che è il loro punto forte. Noi abbiamo preso:

tortelloni alle noci, ben conditi e porzioni abbondanti

 

tortellini in brodo, un classico, piccoli, saporiti al punto giusto presentati in una bella zuppiera bianca.

 

poi filetto di maiale all’aceto balsamico su un letto di radicchio rosso, veramente tenero e gustoso

 

e per finire un fiordilatte, perfetto con i “buchi”, che è difficile trovare in un ristorante.

Torneremo per assaggiare le crescentine, altra specialità emiliana. In ogni caso è un locale da tenere presente, dove si mangia bene, curato nei particolari e nelle persone che ti seguono.

Il mio voto non può essere che 5/5.

Pubblicità

Ristorante “Le Corderie”

Il ristorane “Le Corderie” si trova a Crocetta del Montello provincia di Treviso. E’ un bel locale moderno totalmente ristrutturato da un antico Canapificio.

Queste sono le vicende del celebre opificio di Crocetta del Montello. 

L’avventura industriale era cominciata nel 1883 con l’inaugurazione dello stabilimento di 7000 mq, costruito a tempo di record, in poco più di un anno, e con un investimento di 1.500.000 vecchie lire.

Risultati immagini per ristorante le corderie crocetta

ANTICA STRUTTURA

I terreni erano incolti, il canale Brentella, già derivato dal Piave nel 1400 per opera della Serenissima, sarebbe stato fonte di energia a sufficienza, la rete ferroviaria stava arrivando lì vicino. Quanto a manodopera, l’area del Montello pullulava di disoccupati, i bisnenti, due volte privi di ogni mezzo (né arte, né parte) e, paradossalmente la prima meccanizzazione dell’agricoltura stava alimentando questa schiera di salariati precari. Alcuni di loro erano già sulla via dell’emigrazione. I risultati non mancarono: furono centinaia le persone assunte e la produzione di filati di canapa e cordami di ogni tipo raggiunse i 120 q.li giornalieri. 
 Nella corderia si producevano corde e cordami impiegate soprattutto in marina.
Le operaie e gli operai vennero anche da altri paesi e per risolvere il problema dell’alloggio, della mensa e di tutte le altre necessità del mondo dei lavoratori si provvide con la costruzione della casa operaia (dormitorio per le ragazze) e successivamente con delle vere case a schiera (140 abitazioni circa), tutte dotate di energia elettrica. Si delineò così il villaggio operaio, tipico di molte realtà tessili dell’alta Italia. Il “padrone” costruì l’asilo per i figli dei dipendenti, la cooperativa per i generi di prima necessità, il forno per il pane, le villette per i dirigenti, il campo sportivo, il circolo culturale, la chiesetta di S. Teresa in onore della moglie e allo scopo di consentire l’assolvimento del precetto domenicale alle maestranze; fece coltivare l’orto per dare la verdura a tutti i suoi dipendenti. 
Poco lontano sorse magnifica ed austera la villa del padre padrone. 

Il lavoro crebbe, aumentarono i dipendenti fino alla soglia dei tremila e nel novembre del 1908 venne celebrato il XXV° del Canapificio in concomitanza con la nomina a Cavaliere del Regno di Andrea Antonini. Poi le vicende della guerra e l’avvento della plastica fecero crollare la produzione. L’ultimo atto è del dicembre 1968. A Milano viene deliberata l’incorporazione del Canapificio Veneto Antonini & Ceresa Spa nel Linificio & Canapificio Nazionale. La collaborazione col Linificio Nazionale risaliva agli anni 20. Gli impianti verranno smantellati e lo stabile sarà venduto a pezzi. 

Tiziano Biasi, l’autore dell’articolo, scrive :

” Recentemente ho incontrato un’anziana signora che entrò in Canapificio nel 1937. La madre l’aveva scortata alla portineria sussurrandole: “…sei fortunata, perché avrai da vivere per sempre…” Poco lontano un grammofono diffondeva la canzone “se potessi avere mille lire al mese”.
La giovinetta aveva 15 anni ed era felice delle sue tre lire al giorno
.”

Ora al  posto del canapificio c’è uno stabile moderno, al piano terreno appunto il ristorante “Le  Corderie” in ricordo del canapificio. Al primo piano un auditorium e di fronte un museo molto interessante, la Tipoteca che racchiude molte interessanti macchine da tipografia e dei pezzi da composizione.

Immagine correlata

una parete del ristorante adornata con i vecchi cassetti per le composizioni tipografiche.

Risultati immagini per ristorante le corderie crocetta

Siamo stati accolti nel ristorante molto gentilmente, da una cameriera di sala, cordiale e per nulla invadente, così come il proprietario. Ci siamo lasciati consigliare e per antipasto abbiamo preso della porchetta trattata e condita da loro e per gli amici vegetariani dell’insalata mista.

il pane di grano duro, fatto da loro e i grissini naturalmente con la farina di canapa.

uno dei primi: gnocchi ripieni di baccalà con broccoletti, un connubio perfetto

i bigoli con il sugo di anatra muta, delicati. I bigoli sono un tipo di pasta lunga, simili agli spaghetti, ma ruvidi per cui trattengono bene i vari sughi.

 

e gli arancini (il proprietario è di origine siciliana) ma preparati con il miglio, strepitosi.

 

e poi dei dolci (mangiati no foto…) decisamente belli a vedersi e ottimi.

Torneremo per gustare altre specialità.

Il mio voto quindi è senza dubbio 5/5, per il locale, l’accoglienza e il cibo.

 

 

Civiltà contadina

Siamo stati al Museo della civiltà contadina di San Marino di Bentivoglio in provincia di Bologna.

“Il Museo della Civiltà Contadina ha sede, dal 1973, a Villa Smeraldi: oltre 2000 mq di esposizione e 4 ettari di parco offrono al visitatore una testimonianza unica sul lavoro e sulla vita nelle campagne tra Otto e Novecento: la sezione dedicata alla canapa è la più importante in Italia.
L ’ottocentesca Villa, dimora nobiliare di campagna, si trova a San Marino di Bentivoglio nel cuore di un parco storico all’inglese a 15 km da Bologna. Le vaste raccolte del Museo sono state costituite nel tempo dai contadini ed ex contadini che, dando vita all’Associazione La Stadura, hanno donato all’Istituzione oltre diecimila oggetti relativi al lavoro e alla vita nelle campagne bolognesi ed emiliane tra il 1750 e il 1950.
Le sezioni del Museo, comprese tra i padiglioni, la Villa e un ulteriore edificio, scorrono come un grande racconto  di quella particolare forma di rapporto lavorativo che ha contraddistinto soprattutto le nostre campagne: la mezzadria, che consisteva nel fatto che i padroni (che andavano a trascorrere l’estate in Villa)  e contadini si dividevano “a metà” sia l’onere degli strumenti e della forza lavoro, sia quanto veniva poi prodotto e raccolto(da www.bolognawelcome.com)-

Ci sono varie sezioni, le più importanti sono:

Il grano. Il frumento era la più importante delle colture della pianura bolognese. Occupava ogni anno quasi la metà del seminativo e dalle dimensioni del suo raccolto dipendeva essenzialmente la possibilità per la famiglia contadina di costituire una scorta sufficiente a garantire i consumi familiari di pane e pasta sino al raccolto dell’estate successiva.

La vite. La piantata, ossia la vite maritata agli alberi utilizzati come sostegni vivi, era un elemento caratteristico della campagna bolognese.

La canapa. Per quasi cinque secoli la pianura bolognese ha rappresentato uno dei principali centri della canapicoltura italiana. Sostenuta inizialmente dalla domanda della corderia dell’arsenale navale veneziano, ma capace anche di alimentare alcuni circuiti di produzione locale di canapa pettinata, corde, reti da pesca, tele da sacchi, biancheria domestica.

Il riso. Numerosi terreni privi di uno scolo sicuro, risultavano inadatti alla coltivazione degli alberi e delle viti e poco produttivi per le altre colture asciutte. Su questi ed altri terreni completamente privi di alberature – le “larghe” – nel periodo napoleonico, per iniziativa di grandi proprietari e affittuari, si avviò la nuova esperienza delle colture umide. La coltivazione del riso, esercitata in aziende molto più grandi dei poderi mezzadrili, in certi periodi dell’anno, aveva bisogno di una quantità enorme di manodopera pagata a giornate o a cottimo.

Si inizia entrando in un’aula, con i vecchi banchi, la lavagna, la carta geografica…

 

una cosa molto interessante è il carro con tutte le masserizie per il “trasloco” o meglio   Fare “San Martino” .Significa “cambiare lavoro e luogo di lavoro”  L’anno lavorativo dei contadini terminava agli inizi di novembre, dopo la semina. Qualora il datore di lavoro, proprietario dei campi e della cascina, non avesse rinnovato il contratto con il contadino per l’anno successivo, questi era costretto a trovare un nuovo impiego altrove, presso un’altra cascina. All’epoca,  il lavoro era organizzato in modo tale che il contadino abitasse sul luogo di lavoro in un’abitazione messa a disposizione dal padrone del fondo agricolo. Un cambio di lavoro comportava quindi un trasloco per il contadino e la sua famiglia. La data scelta per il trasferimento, per tradizione e per ragioni climatiche (estate di San Martino), era quasi sempre l’11 novembre. Ed allora caricavano tutto sul carro e via… un tavolo, il materasso, alcuni attrezzi…..

proseguendo troviamo gli attrezzi dei vari lavori, “granader”, fabbricante di scope di saggina.

fabbricante di ceste

il fabbro e la ruota di un mulino

lo “scranèr” , il fabbricante di seggiole

lo stagnaro

e le biciclette con gli attrezzi per andare a lavorare?

questa è una bicicletta di uno “scariolante” , bracciante addetto al trasporto di terra con la carriola nei lavori di bonifica del delta del Po, periodo fine Ottocento primi Novecento.

la riproduzione di una camera da letto, il materasso con foglie di pannocchia, in primo piano “il prete”, cioè era un modo per scaldare il letto. Lo mettevano sotto alle lenzuola e dentro uno scaldino con le braci; dentro al lettino invece “la suora”, uguale ma più piccolo.

Sicurezze?????  Ma le stanze non erano certo riscaldate e le finestre lasciavano passare il freddo.

come si vede dalla foto “girello multiplo”, inseriti i bambini andavano avanti indietro e potevano essere controllati

questo è l’originale, ingegnoso!

facciamo la “sfoglia”?  Almeno 20 uova e la fatica per tirarla? Bellissima.

le posate

la grattugia, praticamente un pezzo di ferro nel quale hanno fatto dei buchi con un punteruolo

la cesta nella quale trasportavano il maiale da portare al mercato. Ma quale lavoro, tra legno e corde!

guardiamoci negli occhi, per la proporzione, Mauro è alto 1,91.

Una delle sezioni più importanti è quella riservata alla canapa, dalla semina alla lavorazione del filo. A sinistra si vedono i “mannelli” fasci di canapa pronti per essere inseriti nei maceri.

Dopo aver visitato il museo si può (si deve) andare a pranzo alla “Locanda Smeraldi”, inserita nel parco della villa  ubicato in quel che una volta era la casa dell’ortolano dei Signori della Villa. E’ gestita dalla Cooperativa anima che “ha la missione di organizzare percorsi di inserimento al lavoro rivolti a soggetti “svantaggiati”. Ogni attività messa in campo, ha come obiettivo l’inserimento e il coinvolgimento di ragazzi e persone diversamente abili. Ogni volta che comprate qualcosa da noi, o usufruite di un nostro servizio, all’interno c’è una doppio valore: il primo è certamente il bene consumabile o il servizio, ma in aggiunta c’è l’operazione sociale di inserimento ed integrazione di soggetti “svantaggiati”. Comprando il nostro miele, avrete il vasetto con il miele, ma avrete anche sostenuto il lavoro sociale di ragazzi diversamente abili.”  http://www.coopsocialeanima.it/

Sono dei ragazzi gentilissimi,  supportati da studenti che fanno volontariato, si mangia benissimo, con prodotti della loro azienda agricola, pane e pasta fatta in casa.

Poi possiamo fare un giro nel parco con degli alberi bellissimi, di molte essenze e molto vecchi, c’è persino una altissima sequoia.

Immagine correlata

 

Rimpatriata

Ebbene sì, posso proprio dire “rimpatriata” avendo avuto i miei figli assieme, perchè quello che vive a New York è venuto in Italia per lavoro.

Ed allora abbiamo deciso di trovarci tutti a Borghetto sul Mincio, uno dei borghi più belli. perchè  uno era a Verona (per lavoro) l’altra a Padova e l’altro a Milano e noi a Bologna. Giusto per passare insieme una bella giornata. (ma quanto sono cresciuti…..!!!)

Borghetto sul Mincio, frazione di Valeggio sul Mincio,  risale al periodo longobardo e deve il suo nome alllingua del popolo germanico che gettò le basi di un “insediamento fortificato” (questo il significato in longobardo). Ed è situato nel punto in cui fin dall’antichità (e poi in epoca longobarda) si trovava un guado sul Mincio. Il ponte visconteo, il castello scaligero sono stati costruiti appunto in epoche scaligera e poi viscontea.

Oltre al ponte visconteo a Borghetto sono presenti i caratteristici edifici con mulini ad acqua, alcune ruote dei quali sono state rimesse in funzione.

rocca del ponte visconteo

parliamo un po’ di questo ponte visconteo,  è stato costruito nel 1393 e ultimato nel 1395 per volere di Gian Galeazzo Viscontiduca di Milano.   È lungo 650 m e largo circa 21 m, con il piano stradale a 8 metri di altezza sopra il livello del fiume. 

E’ molto imponente, formato da tre rocche che attraversano il fiume, solo che nel suo camminamento, molto largo, passa una strada asfaltata, le rocche sono disastrate, pericolanti, alcune parti delle mura e dei merli sono ricoperti da edere e rampicanti vari, il che significa maggior deterioramento. Una parte del ponte, crollata, è stata ricostruita con un ponte di ferro…..

mi domando il perchè di tanta incuria, ma non sono capaci di salvare delle opere importanti, uniche al mondo; tanto vale buttare giù tutto e chiamare Calatrava che costruisca un ponte moderno come a Venezia. Ma che importa, i turisti arrivano lo stesso, dicono oh che bello, e si fanno pelare nei vari ristoranti, infatti ci sono più bar e ristoranti che pesci nel Mincio….E pensare che nel 2007 il ponte è stato inserito nella lista dei cento monumenti da salvare a livello mondiale, perché in grave pericolo, a cura del World Monuments Fund (Wmf).

“World Monuments Fund (WMF) è un’organizzazione non profit privata con sede a New York. Il suo fine è la preservazione di manufatti architettonici storici e di siti con rilevanza storico-culturale in tutto il mondo, attraverso il lavoro sul campo, la promozione, la concessione di borse di studio e fondi per l’educazione e l’addestramento di esperti in loco.” (Wikipedia)

APPUNTO…….

Parliamo d’altro, casa in vendita, gatti compresi.

glicine ormai defunto, ma bellissimo

curiosità, San Giovanni Nepomuceno, patrono dei fiumi e dei ponti

 

Poi siamo andati in un ristorante a pranzo, ma mi rifiuto di farne la recensione, mangiato male e spennati…..io ho preso i tortelli mantovani, cavoli siamo in zona vuoi che non li sappiano fare? Appunto non li sanno fare, almeno lì. Dovrebbero essere di zucca con amaretti e mostarda mantovana. Il ripieno di zucca…dura, vago, molto vago sentore di amaretto e la mostarda è rimasta nel barattolo. Poi, per il resto, stendiamo un velo pietoso. Se devo spendere dei soldi almeno che si mangi bene…..

I veri tortelli alla mantovana, che hanno origine medioevale, sono tortelli di zucca  di sfoglia all’uovo, solitamente di forma rettangolare della dimensione chiusa di circa 60 x 35 mm, farciti con un impasto di zucca cotta al forno o bollita, amarettimostarda di mele campanine,  formaggio grana e noce moscata.

Ma la cosa importante è stata la “rimpatriata” con i miei figli, abbiamo passato una giornata allegra e indimenticabile.

Vital Hotel Flora – Comano

Questo è l’albergo che abbiamo scelto per la nostra vacanza/cura a Comano terme, in provincia di Trento.

/https://www.hotelfloracomano.it/

 

e questa vista dalla camera non è forse rilassante?

Questo moderno hotel ci ha garantito un soggiorno piacevole e rilassante grazie alla camere spaziosa e confortevole e ai numerosi servizi. Il ristorante tradizionale  ha proposto squisite ricette della cucina regionale e italiana.

E a proposito ecco Marilena e lo chef, autori di ricette indimenticabili. Per non dimenticare il Maitre, o ( egr. sig. Direttore di sala…..) Davide, sempre presente e disponibile. Naturalmente ricordiamo anche lo staff di sala, simpatici, molto professionali, la reception sempre pronti a consigliarci.

Galleria immagini di questa struttura

Una sera hanno preparato una cena tipica, mi dispiace non ho le foto perchè abbiamo avuto due ospiti, amici conosciuti alle terme, e poi ero impegnata a gustare la cena.

Hanno preparato: antipasto con crostino di polenta di Storo con lardo, speck, cetrioli; poi strozzapreti con speck e zucchine, zuppa di fagioli, polenta e capriolo (troppo buonooo), e naturalmente strudel. Era senza le noci per un’attenzione particolare per le persone allergiche e questo in una cucina fa la differenza.

Poi hanno fatto una “cena romantica” e li è stata una profusione di cuoricini e candela sui tavoli…..

entrèe con crostino di polenta e capriolo, il primo un orzetto con speck

e un’ottima zuppa di zucchine. Credo che mettano anche delle patate per rendere queste zuppe così cremose.

poi, sì saranno poco romantici come piatti, ma le salsicce con un sughino favoloso e il purè a forma di cuore con freccia…….

 

e gli affettati misti con il formaggio con il cumino sono sempre ottimi.

il dolce…una torta di carote con il biscotto a cuoricino fatto con la farina gialla di Storo, direi da fare il bis. Mentre Mauro ha scelto l’ananas, preparato con arte.

Direi quindi che per questo albergo e per il suo ristorante il mio voto è un 5/5 pieno.

Primavera = detox

Eh sì arriva la primavera, magari già passata visto che qui abbiamo 30 gradi, però è tempo di uscire dall’inverno. Quindi disintossicarsi, cibi più leggeri, sani, frutta e verdura, insomma vogliamo sentirci più in forma.

Immagine correlata

Non solo per la prova costume, a proposito sapete come si fa se non si entra più nel costume dell’anno passato? Diete, creme miracolose, no….si compra una taglia più grande……

Siamo seri…..oggi abbiamo deciso di provare un nuovo ristorante, nè vegetariano, nè vegano, ma……cucina romana.

Tanto per stare in tema del titolo……abbiamo preso. vabbè andate a vedere il prossimo articolo…….

foto di /donidellanatura.com/

 

Ristorante La Quercianella Volta Reno (Bo)

Come dicevo, oggi abbiamo voluto provare questo ristorante, La Quercianella, situato in mezzo alla campagna bolognese, in un bel casolare ristrutturato, tranquillo, con un giardino a disposizione, tanti giochi per i bimbi in un’area riservata e pavoni, tacchini e altri animali.

Un bel locale ristrutturato con un bel colore giallo ocra e situato nelle stalle, con tante scritte sul muro in romanesco.

“Mejo faccia tosta che panza moscia”…..me piace

Abbiamo ordinato: maccheroni al torchio all’amatriciana, con il guanciale e una spolverata di prezzemolo, buoni buoni

poi abbacchio scottadito (e lecca pure le dita), cotto molto bene, con contorno di patate al forno

io…coda alla vaccinara, mi piaceva molto a Roma e questa non aveva nulla da invidiare, ricetta classica anche con i pinoli, ma senza cacao finale, meno male perchè nè a me nè alla proprietaria (romana) piace questa aggiunta. Contorno cicoria all’agro.

per finire una panna cotta con salsa di fragole, freschissima (no foto, mangiata)

Va bene, pranzo non in linea con il detox, ma……

parole sante…….

Il mio voto è un 5/5 pieno, per il posto, il cibo e la gentilezza dei proprietari.