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Torta tre C. per il contest Cioccolato e … cannella

Torta tre C: cioccolato, caffè e cannella.

Questa ricetta partecipa alla raccolta mensile – Cioccolato e…. – del blog: Photo and Food. Questo mese di dicembre si parla di cioccolato e cannella.

Ed essendo Natale l’ho preparata ad alberello, non è perfetta, ma il pranzo (uno dei miei pranzi di Natale) incombeva, ma hanno detto tutti che era molto buona, non dolcissima e l’albero è stato potato. Tra l’altro è una torta senza uova, quindi perfetta per chi sia intollerante.

Le decorazioni (?) sono a base di panna montata e scprzette di agrumi, forse un’anticipazione del prossimo mese…..

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I “Mustazzoli” di Giovanna

Questi mustazzoli sono un dolce tipico siciliano che ho avuto la fortuna di assaggiare e la mia amica Giovanna è stata così gentile da darmi anche la ricetta.

Si possono rifare, ma fuori dalla Sicilia non avranno mai quel profumo e quel sapore che solo lì si riesce ad ottenere. Naturalmente questi sono stati fatti da lei, io non ho il vin cotto…….

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La sua ricetta:

  • mezzo litro di vino cotto
  • gr. 250 farina OO
  • gr. 125 farina di semola rimacinata
  • gr. 125 semolino di grano duro
  • la scorza di un’arancia grattugiata
  • 2 cucchiaini di cannella macinata fresca
  • semi di sesamo

Mettere il vino cotto in una pentola, poi in un colpo solo (come per fare i bignè) aggiungere le farine setacciate, la scorza di arancia e la cannella, a fuoco basso sempre mescolando, farlo rapprendere fino a diventare una palla che si stacca.

Sul tagliere mettere l’impasto e fare un grosso grissino,rotolarlo nei semi di sesamo, appiattirlo un po’ e tagliarlo a rombi. Scaldare il forno e poi spegnerlo, mettere i mustazzoli solo ad asciugare per circa 5 min, devono rimanere morbidi.

Questi sono morbidi, profumati e deliziosi da mangiare durante questi giorni di festa.

 

Quanti modi di fare e rifare lo stracotto con polenta (ubriaca)

Siamo in autunno e lo stracotto è un classico, fa venire voglia di stare in casa, con i piedi sotto al tavolo, magari in compagnia di amici. Ed in compagnia di tutte le Cuochine oggi siamo nella cucina di Daniela per rivisitare il suo stracotto con polenta.

Ecco qui la sua ricetta: http://quantimodidifareerifare.blogspot.jp/2012/10/stracotto-di-manzo-con-polenta.html  con le mie modifiche.

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Ingredienti per due persone:

  • 600 gr. di manzo (guanciale)
  • 1 carota, 1 cipolla
  • (sedano, aglio, chiodi di garofano – omessi)
  • 250 gr di polpa di pomodoro
  • vino rosso, (Cabernet franc)
  • sale, olio e burro.

Per il roux:

  • 40 gr di maizena – burro

Per la polenta ubriaca:

  • 2 bicchieri di acqua
  • 1 bicchiere di vino rosso
  • 1 bicchiere di farina gialla istantanea
  • spolverata di cannella
  • 1 cucchiaino di sale.

Ho infarinato la carne e messa a rosolare, con un cucchiaio di olio e un pezzetto di burro, a fuoco alto in un tegame, quando si è ben rosolata dai lati ho abbassato al minimo il fuoco. Ho aggiunto poi le verdure tritate, la polpa di pomodoro, poi ho sfumato con due bicchieri di vino rosso.

Ho lasciato cuocere per circa tre ore, bagnando di tanto in tanto con il suo sughetto. A fine cottura ho messo il sughetto da parte e ho preparato il roux bianco, prima facendo sciogliere il burro e poi, lentamente e mescolando con una frusta, la maizena, fino a consistenza vellutata.

Poi ho preparato la polenta ubriaca; ho fatto bollire l’acqua e il vino, poi fuori dal fuoco ho mescolato la farina gialla, il sale e la cannella, ho messo di nuovo sul fuoco lasciando cuocere, sempre mescolando, per qualche minuto.

Ho servito lo stracotto con sopra il roux e la polenta ubriaca fatta a torretta, ed anche qualche cucchiaiata di ratatouille di verdure.

Con questa ricetta partecipo, per il mese di novembre, a “quanti modi di fare e rifare”

LA NOSTRA CUOCHINA

Quanti modi di fare e rifare lo stracotto con polenta (ubriaca)

Siamo in autunno e lo stracotto è un classico, fa venire voglia di stare in casa, con i piedi sotto al tavolo, magari in compagnia di amici. Ed in compagnia di tutte le Cuochine oggi siamo nella cucina di Daniela per rivisitare il suo stracotto con polenta.

Ecco qui la sua ricetta http://quantimodidifareerifare.blogspot.jp/2012/10/stracotto-di-manzo-con-polenta.html con le mie modifiche.

stracotto e polenta ubriaca

Ingredienti per due persone:

  • 600 gr di manzo (guanciale)
  • 1 carota e 1 cipolla
  • ( sedano, aglio, chiodi di garofano – omessi -)
  • 250 gr di polpa di pomodoro
  • vino rosso (Cabernet Franc)
  • sale, olio, burro

per il roux:

  • 40 gr di maizena – burro

per la polenta ubriaca

  • 2 bicchieri di acqua
  • 1 bicchiere di vino rosso
  • 1 bicchiere di farina gialla istantanea
  • spolverata di cannella
  • 1 cucchiaino di sale

Ho infarinato la carne e messa a rosolare, con un cucchiaio di olio e un pezzetto di burro, a fuoco alto in un tegame, quando si è ben rosolata ai lati ho abbassato al minimo il fuoco. Ho aggiunto poi le verdure tritate, la polpa di pomodoro e sfumato con due bicchieri di vino rosso.

Ho lasciato cuocere per circa tre ore, bagnando di tanto in tanto con il suo sughetto.  A fine cottura ho messo il sughetto da parte e ho preparato il roux bianco, prima facendo sciogliere il burro e poi, lentamente e mescolando con una frusta, la maizena fino a consistenza vellutata.

Poi ho preparato la polenta ubriaca, ho fatto bollire l’acqua e il vino, poi fuori dal fuoco ho mescolato la farina gialla, il sale e la cannella, ho messo di nuovo sul fuoco lasciando cuocere, sempre mescolando, per qualche minuto.

Ho servito lo stracotto con sopra il roux e la polenta ubriaca fatta a torretta, ed anche qualche cucchiaiata di ratatouille di verdura.

Con questa ricetta partecipo per il mese di novembre, a “quanti modi di fare e rifare”.

Biscotti Regina, o meglio Principessa

biscotti regina

Mi hanno portato dalla Sicilia questi biscottini al sesamo, mi sono piaciuti tanto e mi dispiaceva finirli, ma ecco che, miracolo, spunta una ricetta di questi biscotti Regina dal blog Pasticci e Pasticcini di Mimma.

Ho provato a rifarli, non ho osato chiamarli Regina, ma Principessa perchè non sono venuti tutti uguali ai suoi, ma il sapore è lo stesso di quelli siciliani, quindi io sono molto soddisfatta. Sono biscotti profumati, morbidi dentro, vanno benissimo con un bel passito siciliano o anche con il Marsala.

Ecco la ricetta di Mimma: (fatta pari pari)

  • 250 gr farina OO
  • 250 gr farina di semola rimacinata
  • 80 gr di strutto morbido
  • 150 gr di zucchero (il mio vanigliato)
  • 1 uovo intero
  • un pizzico di sale
  • 1 cucchiaio di cannella macinata
  • mezza bustina di lievito per dolci
  • mezza bustina di ammoniaca per dolci
  • mezzo cucchiaio di vanillina (omessa)
  • 50 gr di acqua
  • 300 gr di sesamo

Ho impastato tutti gli ingredienti aggiungendo l’acqua per ottenere un impasto morbido, ma lavorabile sul piano, ho staccato dei pezzetti di impasto e ho fatto dei rotolini come per fare gli gnocchi. Li ho assottigliati con le mani leggermente umide, fatto dei pezzettini e rotolati nel sesamo.

Messi in forno ventilato a 180° per circa 15 min. Tolti, lasciati raffreddare e…mangiati.

Ottimi, grazie Mimma.

CONIGLIO DE’ CORTIGIANI

Riguardando i miei album delle foto, ho scovato in un viaggio in Umbria del 1988, un foglio di un programma di un evento, con la ricetta.

Io faccio sempre i miei album foto, soprattutto quelli dei viaggi, attaccando anche i vari biglietti dei treni, aerei, conti dei ristoranti o alberghi, fogli di manifestazioni e tutto quanto può ricordare in modo completo un viaggio.

Qui si strattava di un evento a Urbino, nel corso della manifestazione – il Rinascimento in cucina: “il piatto del duca” – Coniglio de’ cortigiani.

Nel 2010 è stata riproposta questa manifestazione e Daniela Storoni, consulente storico gastronomica dell’iniziativa ed esperta di gastronomia rinascimentale, spiega che: “Proporre una contesa sulla cucina rinascimentale in una città come Urbino è sicuramente una sfida interessante, un arricchimento culturale della proposta turistica enogastronomica del territorio del Montefeltro. L’obiettivo è quello di dare, per quanto è possibile, un’idea della gastronomia rinascimentale italiana. L’alta cucina del Rinascimento, si contraddistingue sia per la ricchezza degli ingredienti che per la complessità e diversità dei metodi di preparazione. I grandi cuochi del ‘500 erano rivolti alla ricerca di un sapere culinario universale. La ricerca della perfezione, del bello, dell’equilibrio, accomuna tutte le arti del Rinascimento compresa quella culinaria. Con questa iniziativa si è cercato di valorizzare la professionalità dei cuochi, chiedendo loro di cimentarsi con delle preparazioni insolite ricche di sapori speziati e agrodolci, con una forte attenzione alla qualità degli ingredienti usati”.

Questi gli ingredienti:

  • un coniglio a pezzi
  • 1 cipolla e 1 scalogno
  • 2 cucchiai di farina,
  • brodo,vino, olio
  • sale, pepe, timo e spezie varie (?), chiodi di garofano
  • 1 limone
  • qualche patata
  • prezzemolo
  • mandorle tostate

” A fuoco vivo fate dorare i pezzi di coniglio e, quando questi avranno preso colore, gettate l’olio.

Tenendo il tegame caldo, ma non sul fuoco, mescolate i pezzi di carne, il trito di cipolla e scalogno; dimenate il tutto finchè il coniglio abbia ad insaporirsi.

Rimettete sul fuoco cospargendolo di farina e solo quando questa avrà preso colore, bagnate con il brodo caldo e il vino, salate, pepate e aromatizzate con il timo e le spezie.

Fate cuocere a fuoco basso per una mezz’ora.

Dopo aver tolto i pezzi di coniglio e averli sistemati in uno scaldavivande, sgrassate il fondo, trinciate il limone in buona quantità e in fette sottii, e fate stufare in pochi minuti con l’odore dei chiodi di garofano.

Versate poi la sala sulla carne e servite ben caldo con un contorno di patate saltate nel burro e spolverate di prezzemolo.

Un tantino di mandorle tostate, tritate o portate a cottura nella salsa, ricorderà meglio il sapore antico.

Servire con vino bianco.”

Questa è la ricetta originale che ho seguito passo passo, eliminando però i chiodi di garofano (non graditi al marito) e come spezie varie ho aggiunto delle foglie di salvia, maggiorana, un pizzico di cannella  e qualche grano di ginepro.

Ho messo in una casseruola i pezzi di coniglio con dell’olio, li ho fatti dorare e poi ho messo da parte l’olio cotto (mai buttarlo nel lavandino, ma metterlo in un contenitore da portare poi all’isola ecologica).

Ho spento il fuoco ed ho aggiunto il trito di cipolle e scalogno, ho “dimenato” il tutto fino a che si è insaporito bene, poi ho aggiunto due cucchiai di farina, l’ho lasciata colorire, girando di tanto in tanto, poi ho aggiunto il vino e l’ho fatto evaporare, poi il brodo bollente, le spezie, sale e pepe, ho incoperchiato e ho cotto per mezz’ora a fuoco basso, voltando ogni tanto e aggiungendo un po’ di brodo bollente quando si asciugava troppo.

Poi ho spento, tolto il coniglio dalla pentola e al fondo ho aggiunto delle fettine di limone e delle scaglie di mandorle. Ho lasciato stufare per qualche minuto, nel frattempo, in una pentolina andiaderente ho fatto tostare altre scaglie di mandorle.

Ho preparato anche delle patate (prima bollite nel microonde) e poi fatte saltare in padella con il prezzemolo e del sale.

Alla fine ho composto il piatto, mettendo il coniglio e sopra la sua salsa, e le scaglie di mandorle tostate, accompagnato dalle patate.

Dagli apprezzamenti mi sono sentita proprio come una duchessa che ha deliziato i suoi ospiti.

LE PRUGNOLE DEL MACERO

Oggi siamo andati al macero di Fiorino (quello dei pesci gatto) ed abbiamo trovato degli alberelli pieni pieni di questi deliziosi frutti, azzurro/violaceo, a grappolo addirittura.

Sono “ LE PRUGNOLE” un “frutto dimenticato”.

“ per frutti dimenticati si intendono quelli che un tempo erano invece importantissimi sia perché fornivano sostentamento in periodi di carestia alimentare, sia perché venivano utilizzati in medicina per curarsi ed alleviare i malanni. “Tutti gli alberi ed arbusti che i nostri contadini piantavano in prossimità delle case coloniche avevano prima di tutto una funzione pratica: ogni pianta non veniva messa a dimora casualmente, ma per fornire cibo o cure, oppure alimenti e riparo al bestiame, o per mitigare gli eccessi del clima. La funzione estetica era solamente un aspetto secondario.” ricorda Luciano Pallotti, sulla rivista “Romagna, ieri,oggi e domani”.

“Frutto piccolo, poco commerciabile, deperibile, dal sapore particolare”

questi sono gli aspetti negativi che fanno sì che questi frutti siano rimasti ai margini del mercato, sebbene ricchi di sapore e prodotti da piante robustissime, resistenti alle malattie. Le piante sono state abbandonate ed ora rischiano l’estinzione. Con loro si perderanno migliaia di “fole”(favole), detti, indovinelli o soltanto modi di dire, che i nonni tramandavano ai più piccini, raccontandoli davanti al focolare o durante le veglie nella stalla. Queste piante rappresentavano durante tutto l’arco dell’anno una continuità alimentare. Una tradizione legata al modo di raccogliere la frutta descrive così la sua ritualità: “Il contadino lasciava almeno tre frutti sulla pianta, uno per il sole, uno per la terra e infine uno per la pianta che aveva lavorato duramente e si meritava un premio”. Nei lunghi inverni del passato, le popolazioni contadine hanno ingannato la fame cibandosi di frutti che venivano essiccati e conservati nel “fruttaio” perché maturassero. Quelli che non si prestavano al consumo immediato, venivano cotti per ottenere ottime marmellate, gelatine e salse o impiegati per la preparazione di bevande leggermente alcoliche. Negli ultimi anni molti Comuni, Associazioni e Enti, con la collaborazione di alcuni agricoltori organizzano iniziative, mostre e sagre paesane che mantengono in vita la coltivazione di questi frutti e le tradizioni ad essi collegate.

( tratto da – Manuale sui frutti dimenticati di Katia Agide – 2007)

Abbiamo potuto raccoglierne quante ne volevamo e così abbiamo fatto.

Poi si è posto il problema di come usarle, come? Ma a confettura, sciroppate, nel liquore, in preparazioni dolci/salate, negli gnocchi friulani, addirittura ho trovato una ricetta per fare un sugo per la pasta, ma sinceramente l’ho scartata. E poi cercherò di inventarmi qualche cosa.

Man mano presenterò le varie preparazioni. Ora partiamo dalla più semplice:

LE PRUGNOLE SCIROPPATE

  • Tante prugnole quanto ne bastano per riempire un vaso da 1 kg,
  • Due cucchiai di zucchero

Mettere le prugnole nei vasi, unire lo zucchero (io ho usato per un vaso quello alla cannella e per un altro quello alla vaniglia, preparati da me), batterli per uniformare tutto e farli sterilizzare per circa 25 min. Lasciarli raffreddare nella pentola, ma se occorresse questa per altri vasi, si possono togliere e coprirli con un panno.

Non ho preparato prima lo sciroppo perché preferisco che si formi da solo, senza aggiungere acqua, durante la bollitura dei vasi.

ed eccole qui, pronte per essere gustate questo inverno e per farci ricordare l’estate.