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La marmellata di agrumi siciliani.

Sì, saranno speciali le “marmalades” inglesi, ma vuoi mettere quella fatta con le arance, i mandarini e i limoni di Sicilia che racchiudono il sole e tutti i profumi di quella terra?

Allora io che sono italianissima ho preparato appunto la marmellata di agrumi siciliani, avendo avuto la fortuna di ricevere arance, mandarini e limoni freschi, senza conservanti o lucidabuccia.

INGREDIENTI:

  • il succo di arance, mandarini e due limoni, 1 kg.
  • 500 gr di zucchero
  • 1 bustina di pectina

Ho sbucciato e tagliato a pezzi la frutta ed ho usato la centrifuga per ricavarne il succo, ho messo tutto a freddo, succo, zucchero mescolato alla pectina e ho  montato a “campana”il coperchio Wonder, a fiamma media, solo 3 minuti, ho spento e ho mescolato bene per 1 min., ho riacceso e ho fatto cuocere per altri 2 minuti, a questo punto ho tolto la marmellata dal fuoco, ho levato quel poco di schiuma che c’era ed ho invasato capovolgendo i barattoli per formare il “sottovuoto”.

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Veloce e pronte per fare delle crostate, da mangiare sul pane al mattino, insomma per conservare tutta la fragranza degli agrumi.

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OLIVE GIARRAFFA

Le olive GIARRAFFA sono delle olive siciliane molto particolari, è un prodotto di nicchia, perchè il procedimento per conservarle è lungo e laborioso, ma dà un risultato unico nel suo genere.

Un po’ di storia:

La coltivazione e la produzione dell’oliva e dell’olio Giarraffa si perdono nella notte dei tempi, quando i Greci di Selinunte e di Naxos e gli Elimi di Segesta portarono ai Sicani,  in fuga verso le montagne dell’Etna e della Sicilia centro occidentale in cerca di lavoro e di sicurezza, le prime piante d’ulivo Giarraffa, che iniziarono così la loro penetrazione e diffusione, consolidate poi nei secoli delle dominazioni musulmane. I primi esemplari di questa pianta sono antecedenti quindi all’invasione musulmana dell’848.

Gli esemplari più antichi e giganteschi sembrano composti da diversi fusti e la leggenda popolare vuole che i Saraceni, che introdussero la pratica della propagazione, piantassero in una stessa buca più piantine e le attorcigliassero insieme, legandole per avere alla fine alberi più colossali e resistenti. Nella tradizionale cultura alimentare siciliana la Giarraffa è un’oliva da mensa, nera o verde, da cui si ricavano i “passuluni” (dal verbo appassire)

Vediamo ora come si preparano, in questo caso grazie a Pino, marito di Giovanna, che ha fatto tutto il lavoro:

Prima di tutto devono essere mature sull’albero, poi dopo averle raccolte le bucherella una ad una e le mette nei cestini di canna, fatti dal nonno. Mette poco sale e le fa spurgare una prima volta, poi rimette il sale, le gira almeno due volte al giorno nei cestini. Quando sono “buone di sale”, (ora tocca a Giovanna) che le lava e le sterilizza in cestini di acciaio per pochi istanti. Poi le asciuga e fa prendere loro dell’aria per un giorno, e infine le invasa con olio evo nuovo.

Si mangiano con pane, in questo caso siciliano preparato con farina “Tumminia” che è prodotta da un’antica varietà di grano duro coltivato già nel periodo greco, limoni, ovviamente quelli profumati di Sicilia e olio evo.

Ecco questi sono i “PASSALUNI”

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LA COTOGNATA

cotognata finita

Questa è la mia cotognata finita, di quando la facevano che ero bambina  e che, come oggi, ne mangiavo una dietro l’altra.

LA COTOGNATA

E’ un dolce di origine spagnolo, portoghese, italiano (qui esportato quando il meridione del paese era governato dal regno diAragona), è molto diffusa anche in America Latina e in Israele. E’ una gelatina semisolida in piccoli pezzi, è famosissima nel “Ragusano“, nell’area dell’Etna e nel Basso Lodigiano, soprattutto a Codogno. Tanto per dire che anche qualcosa di dolce unisce il Nord al Sud.

COTOGNO

È una delle più antiche piante da frutto conosciute, ma ormai quasi dimenticata,era coltivato già 4.000 anni fa dai Babilonesi, tra i Greci era considerato frutto sacro ad Afrodite e in epoca romana era ben noto venendo  citato da Catone, Plinio e Virgilio.

Ma la mela cotogna vanta un passato letteralmente leggendario,  si narra che la mela cotogna rappresentò l’emblema di Venere, simbolo di buon auspicio e fecondità nei banchetti matrimoniali al tempo degli Dei

Le varietà con i frutti a forma di mela sono dette meli cotogni, mentre quelle con i frutti più allungati sono dette peri cotogni.

Trattandosi di specie ben definita, pur avendo il frutto a pomo che può assumere diverse forme, il cotogno è una pianta da frutto distinta da meli e peri.

Oggi è diffuso principalmente nell’area occidentale del Mediterraneo ed in Cina; un tempo molto diffuso anche in Italia, dagli anni ’60 ad oggi si è verificata un calo della produzione dato che non è commestibile da crudo.

Data la limitata dimensione le piante di cotogno,i cotogni   sono ancora coltivati in orti e frutteti domestici.

Non è possibile il consumo dei frutti allo stato fresco, perchè hanno la polpa dura anche a maturità, pochissimo dolce ed astringente. Il frutto è usato per la preparazione di confetture, gelatine, mostarde, distillati e liquori.

La condizione di limitata dolcezza della polpa non significa assenza di zuccheri, ma con la cottura la polpa assume una dolcezza intensa, e la liberazione di un profumo di miele. L’elevato contenuto di pectina produce un veloce addensamento della confettura o della gelatina, limitando i tempi di cottura. In epoca precedente la diffusione dello zucchero raffinato, la confettura semisolida di cotogne era con il miele (costosissimo) uno dei pochi cibi dolci facilmente disponibili e soprattutto ben conservabili.

Un liquore digestivo a base di Cotogna, denominato sburlon, viene prodotto nel parmense  vicino a Roccabianca (PR).

I frutti possono anche  essere messi  negli armadi e nei cassetti per profumare la biancheria.

Quindi questo frutto non molto conosciuto ha molte proprietà, è molto gradevole come confettura o cotognata e si presta ad essere conservato.

In questo caso io l’ho preparato e confezionato pronto per fare dei regalini di Natale, per ora la conservo in una scatola di metallo della mia collezione, sperando che arrivi a Natale, non perchè si guastino, ma perchè….spariscono prima.

cotognata scat

Ingredienti:

  • 1 kg mele cotogne
  • 3 limoni
  • 750 gr di zucchero

Pulire bene le mele cotogne strofinandole con un panno umido, metterle in una casseruola, non di alluminio, con tanta acqua da coprirle e i limoni, appena si saranno ammorbidite togliere dall’acqua, farle  raffreddare, poi  sbucciarle  e passarle  al passaverdure o con un frullatore ottenendo una purea.
In un tegame abbastanza largo  mettere lo zucchero con un bicchiere d’acqua e cuocere a fuoco lento fino a quando lo zucchero non comincia ad attaccarsi alle pareti del tegame. A questo punto unire la purea di mele cotogne, togliere il tutto dal fuoco e mescolare fino a quando i due ingredienti non si siano perfettamente amalgamati. Rimettere nuovamente il tutto sul fuoco moderato e portare ad ebollizione sempre continuando a mescolare. Appena raggiunto il bollore tenete la marmellata sul fuoco per non più di 5 minuti.
Poi versare la cotognata in una forma, lasciarla asciugare e poi toglierla.

cotognata

Tagliarla a quadretti e lasciarla asciugare ancora per un giorno, poi rotolarla nello zucchero e quindi incartarla se la si vuole regalare, altrimenti chiudere bene la scatola a prova di mani leste.

OSSA DA MORDERE

No, non è uno scherzetto di Halloween, perchè io non lo “festeggio”, lo trovo inutile, dispendioso e poi non ci appartiene.

Queste ossa da mordere in dialetto lombardo si dicono “oss de mord” e sono dei buonissimi biscotti, molto particolari. Sono anche chiamati, in maniera errata, “oss de mort” perchè si preparano per il due novembre.

Io li ho fatti, invece, per il primo novembre per festeggiare tutti i Santi e, a questo proposito faccio gli auguri a tutti, anche a quelli che hanno il nome senza il santo corrispondente e quindi non festeggiano l’onomastico.

Ho trovato la ricetta su uno dei libri della mia collezione di ricette tradizionali, La cucina  lombarda di A. Molinari Prandelli. Fa parte di una serie di libri di ricette tradizionali e sono molto interessanti.

INGREDIENTI – in rosso le mie modifche

  • 100 gr di farina 00
  • 250 gr di mandorle – 200 gr di mandorle spellate
  • 200 gr di zucchero
  • 1 albume
  • la scorza di un limone
  • due cucchiai di latte

Tritare grossolanamente le mandorle insieme allo zucchero. Unire alla farina, le mandorle e lo zucchero tritati, la buccia grattugiata del limone, l’albume montato a neve e il latte.

Mescolare bene fino ad ottenere un panetto che si metterà sul tagliere.

Allungare l’impasto a salame, affettarlo (spessore circa 1 cm.) e disposrlo sulla placca del forno.

Mettere in forno già caldo a 170° e cuocere per circa mezz’ora.

Diventeranno dei biscotti un po’ duri, ma friabili dentro.

Lasciarli raffreddare e conservarli in un contenitore, dureranno a lungo (se non si mangiano prima).

Con questa ricetta partecipo al contest

 “La mandorla” del  blog – Un tavolo per quattro –

SUCCO DI PRUGNOLE

L’ ho preparato con il Bimby (TM31), prezioso alleato in cucina, insuperabile per preparare i succhi di frutta, veloci e sani.

Sono sempre le prugnole della prima spedizione e le dosi per circa 6/7 bottigliette sono queste:

  • acqua 800 gr
  • zucchero 100 gr
  • frutta 300 gr se lo si vuole più leggero, ma io ne metto 400 gr.
  • limone 60 gr. (circa uno)

Mettere nel boccale l’acqua e lo zucchero – 10 min. 100° vel 2 –

Poi aggiungere il succo di limone e la frutta tagliata a pezzetti, privata del nocciolo ma non della buccia, perchè contiene molte vitamine che andrebbero perse togliendola.

Impostare 1 minuto, vel. da 2 a vel 10, gradatamente fino ad omogeneizzare il tutto.

Togliere dal boccale e versare il succo nelle bottigliette, piccole o grandi a scelta.

Io uso quelle monoporzioni (abbondanti) che, gentilmente, una mia amica proprietaria di un bar mi mette da parte, le lavo, le sterilizzo e poi le riempio, le metto in una capace pentola ricoperta di acqua e dall’ebollizione calcolo 20/25 minuti.

Le lascio raffreddare, le etichetto sul tappo con la sigla del frutto ( PS pesche, PR prugne, PE pere, A albicocche ecc.) , hanno un buonissimo gusto non troppo dolce nè asprigno e fanno molto bene.

Metto le mie bottigliette  nella dispensa delle conserve pronte per questo inverno, quando davanti al suo grigio e alla sua nebbia ci daranno un tocco di colore.