Archivio mensile:aprile 2018

Pasticcio pane e asparagi

Gli asparagi:

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ASPARAGUS OFFICINALIS

Fu coltivato e utilizzato nel Mediterraneo dagli Egizi e in Asia Minore 2000 anni fa, così come in Spagna. Mentre non sembra che gli antichi Greci coltivassero gli asparagi, i Romani già dal 200 a.C. avevano dei manuali in cui ne esponevano la coltivazione.  Agli imperatori romani gli asparagi piacevano così tanto, che sembra abbiano fatto costruire delle navi apposite per andarli a raccogliere, navi che avevano come denominazione proprio quella dell’asparago (“asparagus”).

Dal XV secolo è iniziata la coltivazione in Francia, per poi, nel XVI secolo, giungere all’apice della popolarità anche in Inghilterra; solo successivamente fu introdotto in Nord America. I nativi americani essiccavano gli asparagi per successivi usi officinali.

Della stessa famiglia dell’aglio e della cipolla, l’asparago condivide con essi anche alcune proprietà positive (grazie all’effetto diuretico è un coadiuvante contro gotta, calcoli renali, reumatismi e idropisia). In particolare esso ha un ruolo attivo nella diminuzione di casi di eczema.

si distinguono:

  • L’asparago bianco, che germogliando interamente sotto terra (e quindi in assenza di luce) ha un sapore delicato.
  • L’asparago violetto, dal sapore molto fruttato, è in realtà un asparago bianco che riesce a fuoriuscire dal suo sito e, vedendo la luce,quindi a sua volta attuando la fotosintesi,acquista un colore lilla abbastanza uniforme. Ha un leggero gusto amaro.
  • L’asparago verde che germoglia alla luce del sole come quello violetto, ha però un sapore marcato e il suo germoglio possiede un gusto dolciastro.

Lisa Casali di Ecocucina insegna come tagliare gli asparagi: occorre prendere in mano le due estremità, flettere l’asparago e dove si spezza arriva la parte fibrosa, quindi il resto si può mangiare tutto.

Visto che ora è iniziata la stagione, ho acquistato degli asparagi in campagna, appena raccolti e quindi molto profumati. Ne ho preparati alcuni lessati, poi sopra ho aggiunto del burro fuso, delle uova al tegamino e parmigiano reggiano. Con altri asparagi ho cucinato questo pasticcio:

Ingredienti:

  • un mazzo di asparagi
  • del pane raffermo
  • 2 uova
  • 300 ml di latte
  • 150 gr di pecorino
  • 1 cipolla
  • sale pepe
  • olio – burro

tritare la cipolla e soffriggerla in una padella con olio, dopo aver ben pulito gli asparagi unirli al soffritto, bagnare con un mestolino di acqua calda e far cuocere 5/6 minuti. In una terrina sbattere le uova con il latte, il sale e pepe. Inzuppare il pane tagliato a tocchetti. Grattugiare con i fori grossi il pecorino.

In una teglia da forno fare uno strato di pane inzuppato, poi coprire con gli asparagi e infine il formaggio. Mettere dei fiocchetti di burro e cuocere in forno caldo a 200° per 15 minuti.

 

ecco il risultato, gli asparagi sopra sono per decorazione, insieme ad altri li ho poi usati per un risotto.

 

è venuto gustoso e nutriente, quello avanzato, il giorno dopo, era buono anche tiepido.

E prima una bella insalata mista, con tarassaco, cipollotti e radicchio. “il pranzo è servito”.

Risveglio della natura

Ecco da un albero ancora spoglio spuntare delle gemme su dei piccoli rametti, la speranza di un risveglio.

 

siamo stati ancora dai nostri amici in campagna, dove avevamo passato un Natale magico

Ora lì spuntano le gemme dagli alberi, fioriscono le camelie

che, passato il vento, formano un tappeto sul prato.

Altre bellissime piantine dai colori incredibili danno il benvenuto

così come dei bottoni rossi spuntano dalle foglie

 

e poi la raccolta dell’insalatina nell’orto e dei tarassaco nel prato.

Mauro pronto

ed io con il raccolto completato

una splendida quercia centenaria, cresciuta troppo e quindi pericolosa per la casa, è stata tagliata. Ha finito la sua vita, ma il suo legno continuerà a vivere da un falegname.

Ma vi racconto l’avventura del pulcino Calimero, unico soprvvissuto di una covata. La sua mamma chioccia aveva nascosto le uova in una siepe, ma evidentemente sono arrivate volpi e donnole. Quindi lei con il primo pulcino nato è scappata in un altro posto e le uova sono state alla mercè degli altri animali, d’altronde è la legge della vita, tutti devono mangiare. Questa mattina l’abbiamo vista con il suo piccolo pulcino nero, come lei, e nel tentativo di prenderla per metterla al sicuro si è scatenato l’inferno. Ha aggredito la nostra amica, si è messa a fare dei versacci…coccodè…cooocccodè….urlando come non mai, tutto per proteggere il suo piccolo che in un angolino pigolava spaventato. La mia amica è riuscito a prenderlo e la gallina le correva dietro urlando. Le galline animali stupidi? No davvero. La reazione della chioccia per proteggere il pulcino è stata incredibile.

Finalmente, messo Calimero nella stia preparata apposta siamo riusciti in tre  a far entrare anche lei.

Ma il comico sono state le galline del pollaio che, alle urla di una di loro, si sono radunate  vicino alla porta per vedere cosa succedeva, tipo pettegole che si spingono per vedere meglio.

Dall’esterno campagnolo passiamo all’interno dove si vede la raffinatezza di un gancio per appendere il cordone che tiene unita una tenda……

 

Grazie ancora ai nostri amici per il bellissimo e rigenerante fine settimana che ci hanno offerto.

 

Trattoria del Borlengo

Tornando da Monteveglio siamo andati alla “Trattoria del borlengo“a Mercatello, paesino nei pressi di Castello di Serravalle nel Comune di Valsamoggia in provincia di Bologna.

E qui abbiamo mangiato i famosi borlenghi.

Cosa sarà mai il “borlengo”?

Il borlengo è una specie di crêpe molto sottile e croccante preparata a partire da un impasto liquido estremamente semplice (è un tipico cibo povero), a base di acqua (o latte), farina, sale e talvolta anche uova: questo impasto è detto colla. Il ripieno tradizionale, detto cunza, consiste in un battuto di lardo, aglio e rosmarino, oltre ad una spolverata di Parmigiano Reggiano. Il borlengo si serve molto caldo e ripiegato in quattro parti. Molti paesi della zona di produzione rivendicano la paternità di questo alimento, la cui origine è decisamente antica: i primi documenti certi risalgono al 1266, ma c’è chi ne situa la data di nascita addirittura nel Neolitico. “

 

Questi sono estremamente sottili e friabili, gustosissimi e tutti ne facevano il bis, ma noi naturalmente prima non ci siamo fatti mancare dei buonissimi tortelloni “vecchia Modena”, cioè tortelloni di ricotta (freschissima) e prezzemolo conditi con burro fuso, guanciale saltato, scaglie di parmigiano e aceto balsamico. Che dire, proverò a rifarli (!) oppure torneremo a gustarli là.

 

Dopo abbiamo preso le tigelle con affettati misti, formaggi e sott’aceti.

Due parole sulle tigelle:

La  crescentina, o tigella è un tipo di pane caratteristico dell’Appennino modenese e vengono consumate tagliandole a metà e imbottendole con un pesto formato da un trito di lardo, aglio e rosmarino e parmigiano reggiano. Inoltre vengono proposte con salumi, formaggi o salse.

La cottura tradizionale avveniva impilando la pasta in alternanza con dischi solitamente di terracotta (chiamati propriamente tigelle) già arroventati nel camino usando le foglie di castagno o di noce per separare l’impasto dalla terracotta, aromatizzarlo e tenerlo pulito dalla cenere. Questi erano rotelle di circa 15 cm di diametro ed 1,5 cm di spessore, formate tradizionalmente con terra di castagneto finemente triturata e modellata in uno stampo di legno con incisioni in bassorilievo (decorazioni geometriche che poi rimanevano stampate sulla pasta durante la cottura) e poi essiccati e cotti.

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Attualmente la cottura, in ambito casalingo è solitamente effettuata in maniera più veloce ponendo i dischi di pasta in uno stampo in alluminio che può contenere dalle 4 alle 7 crescentine da apporre direttamente sulla fiamma come una padella; questo stampo è chiamato tigelliera.

Bene noi abbiamo mangiato delle “tigelle” veramente particolari, un po’ croccanti, ma con l’interno morbido, per cui il pesto  (cunza) di lardo si scioglieva benissimo.

 

 

Naturalmente il tutto innaffiato da un ottimo Pignoletto locale, un bianco frizzante che io, astemia, ho comunque gradito.

No, il dolce non ci stava più, anche se ho visto passare della panna cotta ai futti di bosco veramente invitante.

Vogliamo anche ringraziare Yas, che ci ha servito con competenza e gentilezza.

Quindi il mio voto non può essere che 5/5, siamo stati molto bene e torneremo.

 

Abbazia di Monteveglio

 

 

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(foto http://latagliolina.it)

Domenica siamo andati a Monteveglio (Bo) e a  pochi passi dalla città, un piccolo parco tutto da scoprire…Morbidi rilievi punteggiati di vigneti e ceraseti, aspri calanchi, boschi e sorgenti. E sulla cima del colle, il castello e la millenaria abbazia… Costruita sulla vallata del Samoggia, l’abbazia di Monteveglio venne eretta per celebrare la vittoria di Matilde di Canossa su Enrico IV. L’imperatore infatti venne sconfitto nell’assedio della rocca matildinica Monteveglio avvenuto nel 1092. La storia è quasi leggenda, infatti Enrico IV venne vinto da un pugno di uomini che non solo riuscirono a resistere per mesi, ma persino il figlio dell’imperatore perse la vita nello scontro finale.  Come atto di ringraziamento, la grande contessa fece edificare l’abbazia di Monteveglio.

Si accede al borgo attraverso una porta merlata, unico residuo delle fortificazioni del castello, dagli spalti del quale si gode di uno splendido panorama della zona circostante.

(foto http://enteparchi.bo.it)

La chiesa attuale è di epoca preromanica e romanica, la bella facciata è caratterizzata da una luminosa bifora, rifatta all’inizio del XIII secolo, e da allora mai modificata. L’altare si trova in una zona sopraelevata della chiesa. Esso è caratterizzato da un crocifisso di grande precisione anatomica, che alcuni attribuiscono alla scuola leonardesca;

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Il Cristo in aria

il Cristo in aria

inoltre, le volte recano semplici ma efficaci decorazioni floreali duecentesche.

La parte più suggestiva della chiesa è la cripta, ubicata al di sotto del livello del terreno.  Al suo interno si trova un’acquasantiera longobarda, uno dei pochi reperti di quel periodo visibili nella provincia di Bologna. Anche uno dei capitelli, che riproduce le forme tipiche dell’oreficeria longobarda, viene attribuito a questo periodo. Le monofore (un tipo di finestra sormontata da un arco con una sola apertura, solitamente stretta) delle absidiole sono in alabastro e non sono mai state sostituite fin dall’epoca di costruzione della chiesa, fatto questo assolutamente eccezionale.

Dopo esserci rinfrancati lo spirito abbiamo cercato una trattoria dove pranzare. E nel borgo c’è “La trattoria del borgo”

 

 

 

 

 

E’ una piccola trattoria a conduzione famigliare  caratterizzata da un ambiente caldo ed informale. Propone piatti legati alla tradizione bolognese e modenese (visto che siamo a Monteveglio terra di confine tra le due province emiliane). Purtroppo era tutto prenotato, ma il gestore ci ha dato altri indirizzi. Non sempre si trovano persone gentili che danno la possibilità di pranzare in altri ristoranti e di questo lo ringraziamo. Sicuramente ci torneremo, prenotando prima certo.

Quindi siamo andati alla “Trattoria del borlengo” a Mercatello, paesino nei pressi di Castello di Serravalle nel Comune di Valsamoggia in provincia di Bologna.

E qui abbiamo mangiato finalmente i famosi borlenghi, una specialità. Ma di questo parlerò nella mia recensione “Ristoranti sì e no”. Anticipo che è stata una buonissima scoperta.