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Ristorante l’Airone

Questo ristorante è inserito in un agriturismo alle porte di Bologna, a Granarolo dell’Emilia, a soli 3 km dall’uscita del casello Bologna Interporto.   E’ un casale molto ben ristrutturato e  si presenta bene in un contesto molto ampio. Con dei bei prati intorno per cui i bambini possono correre tranquillamente. Le sale grandi che possono accogliere molte persone, normalmente ben distribuite, ma oggi c’era una compagnia molto rumorosa che sicuramente ha disturbato molti clienti. Questo è un problema non certo del gestore, che non può intervenire, ma solo rammaricarsene, ma di mala-educazione delle persone, che credono che in locale pubblico possano urlare a loro piacimento.

Nonostante ciò abbiamo pranzato sempre molto bene, personale molto gentile, attento e disponibile. La cucina è molto curata, con pasta fresca fatta in casa, hanno dei macchinari che si possono vedere all’ingresso, che è il loro punto forte. Noi abbiamo preso:

tortelloni alle noci, ben conditi e porzioni abbondanti

 

tortellini in brodo, un classico, piccoli, saporiti al punto giusto presentati in una bella zuppiera bianca.

 

poi filetto di maiale all’aceto balsamico su un letto di radicchio rosso, veramente tenero e gustoso

 

e per finire un fiordilatte, perfetto con i “buchi”, che è difficile trovare in un ristorante.

Torneremo per assaggiare le crescentine, altra specialità emiliana. In ogni caso è un locale da tenere presente, dove si mangia bene, curato nei particolari e nelle persone che ti seguono.

Il mio voto non può essere che 5/5.

Agriturismo “Nonna Nella”

Avete presente quando si vuole andare un giorno in giro, ma è il due giugno…..al mare? Non ci si arriva nemmeno, città? Fa caldo….sagre? Idem e poi chissà quanta gente.

Allora che si fa? Ma sì andiamo a trovare i nostri amici che hanno aperto un agriturismo sui colli. Tangenziale di Bologna verso sud, ma che è ‘sta roba, tangenziale verso il mare e autostrada due colonne in fila, ferme, chilometri di auto, pulmann e le moto che sfrecciano a destra e sinistra. Mah! Noi invece fino alla nostra uscita nulla, bene, poi lo stesso sulla strada dei colli, ma dai tutti al mareee…tutti al mareee, e noi in collina.

Giornata calda, ma ventilata e finalmente arriviamo all’agriturismo “Nonna Nella” in quel di Montorsello di Guiglia (sì cercatelo sull’atlante e per andare mettete il navigatore, ma ci si arriva).

L’ultimo pezzo di strada, un po’ sterrata, costeggia un bosco e un ruscello.

Quando si arriva ci si trova fuori dal mondo, lasciamo tutto alle spalle, le code, i pensieri, i problemi e ci sediamo a tavola.

Accolti con calore da Irene, Claudio e Valentina, benchè indaffarati in cucina (c’era anche una cresima di 30 persone !) ci sediamo fuori sotto ad una bella tettoia, al fresco.

Incominciamo con il benvenuto della cucina, tortelli fritti ripieni o di carne o di formaggio e salvia fritta. Visti preparare al momento con la pasta tutta rigorosamente fatta in casa. E naturalmente un buffet di verdure crude e cotte, tutte dall’orto dell’agriturismo.

Scusate l’interruzione, ma mentre scrivo l’articolo, sembra che in casa e fuori stiano tutti male dalle urla… ah c’è la finale Juventus/Real Madrid, fatto gol anche la Juve e qui in casa ci sono tutti juventini pigiati su un divano e per terra……

Allora, dicevo che Mauro ha preso le tagliatelle con piselli, freschi raccolti in mattinata dal loro orto. Avete presente le tagliatelle di una volta? Ecco, proprio quelle.

Io invece i tortelloni gialli e verdi con ricotta, un poco di panna, prosciutto e aceto balsamico. Si scioglievano in bocca e sullo sfondo il cestino con il pane fatto da loro.

Poi qui non si può non mangiare le crescentine e le tigelle con l’affettato.

Gnocco fritto è una denominazione tipica nelle province di Modena, Reggio Emilia e Bologna per un prodotto alimentare italiano tipico dell’Emilia, il cui nome varia da un’area all’altra. Nelle province di Modena e Reggio Emilia viene chiamato semplicemente gnocco fritto, in gran parte della provincia di Parma viene chiamato torta fritta e nella provincia di Ferrara viene chiamato pinzino. Nel Bolognese viene chiamato più comunemente crescentina.

Il termine tigella deriva da una parola latina che significa copertura. Infatti tigella era originariamente il nome del disco in terracotta in cui il pane, chiamato crescenta o crescentina, era stato cotto mettendo i dischi e la miscela di ingredienti avvolti in foglie di castagna l’una sull’altra in un mucchio nel camino non troppo vicino alle fiamme.

 Successivamente il nome tigella inizia a essere utilizzato per il pane stesso, ma è un errore.

Le tigelle

dei formaggi veramente genuini prodotti in un caseificio che usa il latte della mucca bianca modenese

La Bianca Modenese, denominata anche Modenese di pianura o anticamente, Carpigiana, era originariamente una razza a triplice attitudine (latte lavoro e carne), con una forte concentrazione nella zona di Carpi (MO). Di essa si trovano le prime tracce in alcuni documenti della metà dell’800.

Risultati immagini per mucca bianca modenese

poi gli affettati

nel piatto, davanti alla tigella c’è la “cunza” (nota anche come pesto alla modenese) ovvero un battuto di lardo, rosmarino e aglio; questo particolare ripieno sprigiona nelle crescentine ancora calde tutti i suoi sapori, in particolare l’aroma di rosmarino.

Ohibò, ma abbiamo anche mangiato una squisita panna cotta (vista preparare) con i duroni di Vignola sciroppati e leggermente caramellati. Ve la posso solo raccontare…..

Abbiamo mangiato benissimo, ora facciamo due passi, sì vai pure, io arrivo fino a lì…e Mauro si riposò!

Io invece sono andata a spasso

Ed ora possiamo uscire dal bosco delle fate e rituffarci nel caos del rientro, ma ben rifocillati e sereni.

Passando poi vicino a Vignola ci siamo fermati in un banchetto per acquistare delle ciliegie, ora è il periodo e in quel frutteto, li raccolgono e li preparano subito, quindi freschissimi e niente passaggio dal frigorifero. E soprattutto si sa che vengono dalle piante dietro al banchetto, non dai camion o dai banchetti piazzati lì e magari vanno a comperare le ciliegie ai mercati generali per rivenderle.

E così mi sono portata il lavoro a casa, pronti per fare confetture, succhi e sciroppate.

Naturalmente potete trovare il mio voto per questo agriturismo nella pagina “Ristoranti sì e no”.

 

Buon anniversario

Buon anniversario a noiiii…buon anniversario a noooiiii..e sono 35… però e siamo ancora qui e con tutte le intenzioni di andare oltre.

 

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Allora siamo andati a pranzo all’Osteria delle Sabbie, nell’oasi naturale “Le Pradine” a Mirabello (Fe).

Si respira un’atmosfera serena e conviviale in questa osteria situata all’interno della splendida Oasi naturale delle Pradine; sale rustiche ed eleganti allo stesso tempo, soppalco riservato ai piccoli gruppi, tavoli e soffitti in legno e la peculiarità e il vanto dell’Osteria è l’Antico Condimento (saba acetificata) di Cristoforo da Messisbugo, cuoco alla corte degli Estensi, valorizzata in molti piatti proposti, provata e veramente ottima e particolare.

L’Osteria delle Sabbie 1731 deve il suo nome alla storica rotta del Reno a Mirabello di quell’anno, la maggiore che la storia ricordi (4,70 m sullo zero igrometrico) e che ha sommerso molti paesi della bassa.

Ci siamo trovati in un’atmosfera tranquilla, il titolare è molto gentile e si è soffermatoa parlare con noi, di cucina, di storia del locale e poi ci ha proposto il menù, che comprende piatti tradizionali (la classica pasta fatta in casa) ed altri di pesce, molto particolari.

Siccome a me piace andare “a mangiare fuori” per trovare qualche cosa di speciale ecco che qui ho trovato quello che cercavo. Abbiamo cominciato con una buona insalata, composta come si deve, cioè con insalata verde e una verdura “di sotto” e una ” di sopra”, vale a dire che l’insalata deve essere composta da una verdura verde, una che cresce sotto terra (carote) e una che cresce sopra (pomodori) per essere ben equilibrata.

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come antipasti: salmone marinato con arance e germogli, veramente particolare e delicato,

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poi polipo con canellini e pesto leggero di basilico, purtroppo senza aglio, ma al ristorante non tutti lo gradiscono.

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poi io ho assaggiato le lasagnette aperte di farina di canapa con una fricassea di seppie su un letto di crema di piselli.

Molto particolari anche perchè hanno usato le classiche seppie con piselli rivisitate in una composizione di lasagnette.

La farina di canapa mischiata con un poco di farina 0 è ottima. I semi di canapa sono composti per un quarto da elementi proteici, in una combinazione unica rispetto a gran parte degli alimenti vegetali. Essi contengono infatti tutti gli aminoacidi essenziali per la sintesi delle proteine. Gli aminoacidi rappresentano gli elementi a partire dai quali il nostro organismo è in grado di produrre le proteine necessarie al proprio funzionamento. Per questo motivo, i semi di canapa sono considerati come un alimento completo dal punto di vista proteico.

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poi è arrivato un fritto misto, veramente croccante, servito con patate al forno.

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e per finire non poteva mancare il dolce, un semifreddo al caffè, abbastanza buono, mancava un sapore un po’ più accentuato.

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e una zuppa inglese preparata al momento, diversa da quella tradizionale.

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Tutto innaffiato da un morbido Chardonnay.

Ed anche se il nostro anniversario sarà domani (24/8) noi cominciamo a fasteggiarlo un giorno prima e finiamo un giorno dopo.

Per quanto riguarda la mia votazione all’Osteria delle Sabbie dò 4/5, più che altro per l’atmosfera, la pulizia e la cortesia, perchè sarebbe da migliorare la qualità dei dolci, più varietà, anche se capisco che siamo in agosto. Mentre il resto del cibo è molto buono e ben presentato.

 

 

 

 

 

 

Visita al borgo e oltre…

Sì, ma prima di affrontare la visita, bisogna ristorarci, in un luogo che è il tempio del Culatello.

LA CULATELLERIA del Salumificio Rossi a Sanguinaro di Fontanellato (Parma)

i tre alla culatelleria

“Il culatello  è un salume a denominazione di origine protetta tipico della provincia di Parma. È inoltre catalogato tra i Presidi di Slow Food dell’Emilia-Romagna.

 

Il Culatello, citato con certezza per la prima volta in un documento del 1735, è prodotto a partire dalla coscia di maiale. Il Consorzio del Culatello di Zibello (Pr) ha stabilito che la lavorazione può avvenire solo in una determinata e circoscritta zona ed esclusivamente nel periodo tra ottobre e febbraio, quando la Bassa è avvolta dalla nebbia e dal freddo. La stagionatura in cantina accompagna il Culatello dalle nebbie invernali all’afa estiva, per arrivare sulle nostre tavole l’inverno successivo nel pieno delle sue più originali qualità di sapore. (Wikipedia)”

focaccia con culatello, saporito, unico, accompagnato da un Lambrusco Doc.

focaccia con culatello

Dopo di che siamo andati a visitare il Borgo di Vigoleno, in provincia di Piacenza in cui sorge l’omonimo castello, pervenutoci intatto in tutte le sue parti ed è un esempio di borgo fortificato medievale di particolare bellezza. Fa parte del circuito dei Castelli del ducato di Parma e Piacenza, del club de I borghi più belli d’Italia.

vigoleno

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Pasta e fagioli all’antica, ma…

Pasta e fagioli all’antica, ma…cucinata con il Bimby. L’ho sempre preparata nella pentola di coccio, ma ero curiosa di seguire la ricetta del libro e vi assicuro che ancora una volta Bimby si è dimostrato un fedele alleato.

Ho trovato questo simpatico articolo da “Agriturismo San Benedetto al vigneto in provincia di Rieti” e ve lo copio:

La storia della pasta e fagioli inizia oltre duemila anni
fa: il fagiolo e il grano duro, amanti per contrasto sia per il
contenuto dei nutrienti sia per forma che per colore si dettero
appuntamento in Italia, alcuni dicono a Roma altri ipotizzano Napoli,per
consumare una notte di passione. Il letto di nozze avrebbe dovuto
essere appunto una pasta e fagioli. Il grano duro fu il primo ad
arrivare sul luogo dell’appuntamento: arrivò intorno al primo secolo a.C..

Il fagiolo invece non fu puntuale: viveva in America e fu costretto ad
aspettare Cristoforo Colombo che finalmente arrivò esattamente nel 1492.
Il fagiolo, grazie alle scoperte geografiche di quell’epoca ed alle
imprese dei navigatori spagnoli e portoghesi, riuscì ad imbarcarsi per
il vecchio continente solo intorno al 1530 insieme ad altre colture come
i pomodori e i peperoni. Nel XVI secolo, infatti, giunsero in Europa.
Nel frattempo il grano duro si consumava in un’estenuante attesa
cercando invano di abbellire la mensa degli uomini di potere.”

Nella cucina napoletana una particolarità della pasta e fagioli, così come per la pasta cotta con altri legumi, è che la pasta viene cotta direttamente insieme ai legumi, invece che essere cotta in acqua salata a parte, prima di essere aggiunta ai fagioli. Con questa preparazione tutto l’amido della pasta, che andrebbe invece perso scolando la pasta, viene conservato.

Questo, insieme alla mantecatura della pasta conferisce alla pasta e fagioli un sugo più denso e cremoso (azzeccato, in napoletano).

Molto popolare, nella cucina napoletana, è anche l’uso delle cotiche o delle cozze nella pasta e fagioli.

A questo punto la mia ricetta si avvicina molto a quella napoletana, poichè in quella emiliana ci sono le patate che non ho messo.

INGREDIENTI:

  • i gambi della cipolla di Tropea (quella che ho usato per le frittatine)
  • due pezzi di cotica di maiale (sgrassata e bollita)
  • un rametto di rosmarino
  • una crosta di formaggio parmigiano
  • 40 gr di olio
  • 450 gr di fagioli borlotti lessati
  • 100 gr di passata di pomodoro (quella fatta da me questa estate)
  • 1000 gr di acqua
  • un cucchiaio di dado Bimby
  • 200 pasta ditalini
  • sale/pepe/parmigiano q.b.

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Mettere nel boccale i gambi delle cipolle, la cotica, la crosta di formaggio e il rosmarino, tritare 5 sec. vel 7; unire l’olio, metà dei fagioli e la passata , frullare 5 sec. vel 5.

Versare l’acqua e il dado, cuocere 20 min. 100° vel 1. Aggiungere poi la pasta, aggiustare di sale e pepe e cuocere il tempo indicato sulla confezione a 100°, funzione antiorario, vel soft. Cinque minuti prima del termine della cottura aggiungere i fagioli interi rimasti.

Servire con un filo d’olio e una generosa spolverata di parmigiano, ma Mauro ha anche aggiunto, come facevano i vecchi, anche mezzo bicchiere di vino rosso. 011

Con questa ricetta partecipo al contest – scambiamoci una ricetta, la pasta –

del blog: “Io testo positivo”

Seconda edizione di Scambiamoci una ricetta