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Fiore di magnolia

Magnolia L. è un genere di piante della famiglia delle Magnoliacee, originarie del Nord e Sud America e dell’Asia sud-orientale, dall’India alla Nuova Guinea.

Il nome del genere è un omaggio Pierre Magnol (16381715) medico e botanico francese, direttore dell’orto botanico di Montpellier.

Diffuse in parchi e giardini come piante isolate gruppi e siepi, possono essere coltivate in vaso sui terrazzi, per il portamento e le copiose fioriture primaverili o estive. Il legno chiaro e facile da lavorare viene molto apprezzato per lavori di falegnameria.

Ha un fiore delicato e profumatissimo che si nasconde tra le grandi foglie verde lucido ed io ne ho raccolte due. Saranno belle?

 

No dai, non sono del mio albero, è presto ancora, anche se la voglia di primavera è tanta, ma sono fatte di….patatine.

E’ una creazione Visual Food ideata dalla mia Maestra Rita Loccisano, qui troverete il suo sito con il blog, ma è anche su fb.

https://www.ritaloccisano.it/blog/

Andate a vedere e scoprirete, se ancora non lo sapete, cosa si può preparare con gli alimenti, è una tecnica di creazione di opere, ma mangiabili. Io ne sono entusiasta e ogni tanto parto in quarta a preparare per noi degli antipasti, un riccio di formaggio, delle candele di polenta, ecc.

Queste magnolie non sono difficili da preparare e sono di molto effetto, tanto che in tanti, tranne una cugina….hanno creduto fossero vere.

Vi assicuro che c’è molta soddisfazione e relax, non poco di questi tempi.

Maccheroni pancetta e fiori di zucca

Un primo piatto veramente sfizioso e di stagione, questi maccheroni con pancetta e fiori di zucca; fiori di zucca arrivati freschissimi, appena colti …….dalla Calabria all’Emilia.  Quando si dice i prodotti dell’orto, coltivati in modo naturale così da essere trasportati senza problemi.

Ma fiori di zucca o di zucchina?

Siamo abituati a chiamarli genericamente fiori di zucca ma sarebbe lecito fare una distinzione, dal momento che sia la pianta della zucca che quella delle zucchina produce fiori commestibili, molto simili. La differenza infatti è minima, i fiori di zucchina sono tendenzialmente più grossi, presentano petali appuntiti di un giallo acceso tendente all’arancio, ma hanno una profumazione quasi nulla. I fiori di zucca invece hanno dimensioni minori, petali arrotondati giallo tenue e una profumazione più accentuata.  Troviamo di solito in commercio i fiori di zucchina, grossi e capienti, sono sicuramente più appaganti alla vista e al palato, per questo supermercati e fruttivendoli tengono i fiori di zucchina e raramente quelli di zucca.

Facciamo un’ulteriore distinzione tra fiori maschili e femminili. Questi ultimi sono quelli attaccati alla zucca o alla zucchina, e permette al frutto di crescere, quando ha raggiunto la completa maturazione il fiore muore e cade. I fiori maschili invece crescono attaccati al proprio stelo, detto peduncolo, e non portano a fruttificazione, ma contribuiscono all’impollinazione della pianta, visto che il polline contenuto nello stame dei fiori maschili raggiunge il pistillo dei fiori femminili.

INGREDIENTI:

  • 350 gr di maccheroni
  • 100 gr di panna
  • 100 gr pancetta a pezzettini
  • 10 fiori di zucca
  • sale e pepe

In una padella versare dell’olio, aggiungere la pancetta e facciamola saltare qualche minuto. Aggiungere la panna un poco di sale e lasciar addensare.

Intanto far cuocere i maccheroni, scolarli un po’ al dente e metterli nella padella del condimento, mantecare la pasta fuori dal fuoco per qualche minuto, aggiungendo i fiori di zucca, puliti e senza pistillo, (i miei erano già pronti, puliti, perfetti) sfilacciandoli sulla pasta. Se dovesse asciugare troppo aggiungere un mestolino di acqua di cottura.

Finire con un bella spolverata di pepe bianco e una grattugiata di buon parmigiano.

Mancando i fiori di zucca, si possono usare altri fiori edibili, ce ne sono tantissimi. Naturalmente con alcune accortezze. Ma di questo ne parleremo prossimamente.

 

 

Festa della donna

Vorrei riproporre l’articolo che ho pubblicato l’anno scorso in occasione di questa festa. Anche perchè non è cambiato molto, le donne continuano ad essere maltrattate, non tenute in considerazione nel mondo del lavoro. Comunque io da inguaribile ottimista, continuo a sperare che le nuove generazioni sappiano farsi valere di più.

Sì, Donna con la d maiuscola, perchè ce lo meritiamo.

Ma credo ci sia poco da festeggiare andando fuori a mangiare la pizza con le amiche o a vedere squallidi spogliarelli maschili se a tutt’oggi siamo ancora qui a  piangere per le donne ammazzate, violentate, segregate. Cerchiamo di pensare a come poter intervenire, ognuno nel proprio piccolo, per poter poi dire alle nostre figlie, nipoti, amiche che sono libere.

E i signori uomini ci regalino rispetto e sorrisi, anzichè mimose.

Risultati immagini per mimosa torta

Comunque AUGURI a tutte noi che, come Atlante, reggiamo il mondo.

Vital Hotel Flora – Comano

Questo è l’albergo che abbiamo scelto per la nostra vacanza/cura a Comano terme, in provincia di Trento.

/https://www.hotelfloracomano.it/

 

e questa vista dalla camera non è forse rilassante?

Questo moderno hotel ci ha garantito un soggiorno piacevole e rilassante grazie alla camere spaziosa e confortevole e ai numerosi servizi. Il ristorante tradizionale  ha proposto squisite ricette della cucina regionale e italiana.

E a proposito ecco Marilena e lo chef, autori di ricette indimenticabili. Per non dimenticare il Maitre, o ( egr. sig. Direttore di sala…..) Davide, sempre presente e disponibile. Naturalmente ricordiamo anche lo staff di sala, simpatici, molto professionali, la reception sempre pronti a consigliarci.

Galleria immagini di questa struttura

Una sera hanno preparato una cena tipica, mi dispiace non ho le foto perchè abbiamo avuto due ospiti, amici conosciuti alle terme, e poi ero impegnata a gustare la cena.

Hanno preparato: antipasto con crostino di polenta di Storo con lardo, speck, cetrioli; poi strozzapreti con speck e zucchine, zuppa di fagioli, polenta e capriolo (troppo buonooo), e naturalmente strudel. Era senza le noci per un’attenzione particolare per le persone allergiche e questo in una cucina fa la differenza.

Poi hanno fatto una “cena romantica” e li è stata una profusione di cuoricini e candela sui tavoli…..

entrèe con crostino di polenta e capriolo, il primo un orzetto con speck

e un’ottima zuppa di zucchine. Credo che mettano anche delle patate per rendere queste zuppe così cremose.

poi, sì saranno poco romantici come piatti, ma le salsicce con un sughino favoloso e il purè a forma di cuore con freccia…….

 

e gli affettati misti con il formaggio con il cumino sono sempre ottimi.

il dolce…una torta di carote con il biscotto a cuoricino fatto con la farina gialla di Storo, direi da fare il bis. Mentre Mauro ha scelto l’ananas, preparato con arte.

Direi quindi che per questo albergo e per il suo ristorante il mio voto è un 5/5 pieno.

Risveglio della natura

Ecco da un albero ancora spoglio spuntare delle gemme su dei piccoli rametti, la speranza di un risveglio.

 

siamo stati ancora dai nostri amici in campagna, dove avevamo passato un Natale magico

Ora lì spuntano le gemme dagli alberi, fioriscono le camelie

che, passato il vento, formano un tappeto sul prato.

Altre bellissime piantine dai colori incredibili danno il benvenuto

così come dei bottoni rossi spuntano dalle foglie

 

e poi la raccolta dell’insalatina nell’orto e dei tarassaco nel prato.

Mauro pronto

ed io con il raccolto completato

una splendida quercia centenaria, cresciuta troppo e quindi pericolosa per la casa, è stata tagliata. Ha finito la sua vita, ma il suo legno continuerà a vivere da un falegname.

Ma vi racconto l’avventura del pulcino Calimero, unico soprvvissuto di una covata. La sua mamma chioccia aveva nascosto le uova in una siepe, ma evidentemente sono arrivate volpi e donnole. Quindi lei con il primo pulcino nato è scappata in un altro posto e le uova sono state alla mercè degli altri animali, d’altronde è la legge della vita, tutti devono mangiare. Questa mattina l’abbiamo vista con il suo piccolo pulcino nero, come lei, e nel tentativo di prenderla per metterla al sicuro si è scatenato l’inferno. Ha aggredito la nostra amica, si è messa a fare dei versacci…coccodè…cooocccodè….urlando come non mai, tutto per proteggere il suo piccolo che in un angolino pigolava spaventato. La mia amica è riuscito a prenderlo e la gallina le correva dietro urlando. Le galline animali stupidi? No davvero. La reazione della chioccia per proteggere il pulcino è stata incredibile.

Finalmente, messo Calimero nella stia preparata apposta siamo riusciti in tre  a far entrare anche lei.

Ma il comico sono state le galline del pollaio che, alle urla di una di loro, si sono radunate  vicino alla porta per vedere cosa succedeva, tipo pettegole che si spingono per vedere meglio.

Dall’esterno campagnolo passiamo all’interno dove si vede la raffinatezza di un gancio per appendere il cordone che tiene unita una tenda……

 

Grazie ancora ai nostri amici per il bellissimo e rigenerante fine settimana che ci hanno offerto.

 

Arquebuse

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In quel di Macugnaga ho ritrovato anche la pianta dell’arquebuse, dai bellissimi fiori gialli, ed era tanto che non li vedevo.

Vale la pensa soffermarsi un attimo su questa pianta, Tanaceto (Tanacetum vulgare), Il nome generico derivato dal latino medioevale “tanazita” che a sua volta deriva dal greco ”athanasia” (= immortale, di lunga durata) probabilmente sta a indicare la lunga durata dell’infiorescenza di questa pianta; in altri testi si fa riferimento alla credenza che le bevande fatte con le foglie di questa pianta conferissero vita eterna.

 Fonti storiche parlano dell’arquebuse intorno alla fine del secolo XVII. Sicuramente prodotto originariamente in Francia, nella zona di Lione e del Rhone-Alpes, nacque nei monasteri. Il significato del nome ha più spiegazioni: dall’uso curativo sulle ferite da archibugio,

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alla sensazione che si ha dopo averlo bevuto, a causa dell’alta gradazione alcolica.

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Per molti anni il tanaceto è stato impiegato come erba medicinale. Un’usanza irlandese della metà dell’Ottocento suggerisce un bagno in una soluzione di tanaceto e sale come cura per i dolori articolari. Biscotti al tanaceto erano serviti durante la Quaresima per prevenire i vermi intestinali, infatti si aveva l’errata credenza che il consumo di pesce durante questo periodo, provocasse l’insorgere dei vermi. È da notare che soltanto Tanacetum vulgare è impiegato nelle preparazioni mediche, ché tutte le altre specie di tanaceto sono tossiche, e un sovradosaggio può essere fatale. Nella medicina alternativa, le foglie essiccate di tanaceto sono usate per trattare l’emicrania, nevralgia e il reumatismo, su prescrizione di un erborista competente per evitare una possibile tossicità.

In particolare a questa pianta vengono associate le seguenti proprietà : amare, toniche (rafforza l’organismo in generale), digestive, elimina i vermi intestinali, astringenti (limita la secrezione dei liquidi),  abbassa la temperatura corporea, guarisce le ferite e riduce o elimina la cefalea e l’emicrania.

La ricetta originale prevede l’uso di sette foglie e di un fiore messi a macerare in alcool puro, senza aggiunta di zucchero; e da qui la potenza digestiva del liquore. Invece l’Alpestre, altro nome del liquore prevede l’uso di varie erbe alpine e di sciroppo di zucchero.

Immagine correlata            Risultati immagini per arquebuse

L’Arquebuse è utilizzato anche per preparare caramelle balsamiche

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e cioccolatini ripieni, e può essere consumato in qualsiasi momento ed in vari modi: puro, come digestivo, come correttore del caffé, come rilassante caldo, come dissetante con alcuni cubetti di ghiaccio, come “grog” miscelando acqua bollente al distillato ed, eventualmente, dolcificando con zucchero o miele.

Nello stesso prato c’era questo cartello:

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Immagine correlata            UOMO AVVISATO……….

Macugnaga e i Walser

Il giorno dopo la visita alle isole Borromee siamo andati a Macugnaga, ai piedi del Monte Rosa,

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così chiamato perchè effettivamente al mattino, al sorgere del sole, si colora di rosa. E’dovuto alla rifrazione del sole su un tipo particolare di roccia brillante. E’ uno spettacolo unico, emozionante. Ma la realtà è meno romantica, perchè il nome “Monte Rosa” non deriva dalle tinte rosa che colorano il massiccio all’alba  come si potrebbe pensare, ma piuttosto dal latino rosia, attraverso il termine del patois valdostano rouése o rouja, che significa ghiacciaio.

Torniamo sulla terra e dopo aver fatto la strada (tortuosa, ma c’è solo quella) della Valle Anzasca, arriviamo al comprensorio di Macugnaga che comprende sette frazioni. Ricordi? Tanti, da piccola lo zio mi portava sempre su e giù, quante volte sono salita a piedi al Rifugio Zamboni Zappa ad ammirare il ghiacciaio.

foto storica del rifugio,certo mooolto prima di quando ci andassi io…

Il rifugio Zamboni-Zappa in una foto d'epoca

E’ nel 1925 che la SEM (Società Escursionisti Milanesi) costruisce nell’Alpe Pedriola il rifugio Zamboni. Si tratta di una costruzione molto spartana ma la frequenza e il passaggio di turisti ed escursionisti sono tali che si decide di ampliarne la struttura. Nel 1954 viene inaugurato quindi il rifugio Zappa, la cui struttura viene collegata al vecchio rifugio zamboni creando un unico rifugio, l’attuale Zamboni-Zappa

ora è così, un moderno rifugio quasi un hotel.

Il rifugio Zamboni-Zappa / Foto © Emanuele Pagani

Ora mi guardo in giro a Macugnaga e trovo un mucchio di villette, bar e ristoranti e soprattutto il ghiacciaio che si è accorciato in maniera impressionante. Per di più sono anni, dal 2001 che la morena del ghiacciaio  è in costante movimento e la montagna scarica massi, proprio per lo sciogliersi dei ghiacciai e ha addirittura cancellato il sentiero per arrivare alla Capanna Marinelli, altitudine m. 3036. Questa è la posizione della Capanna e da lì si sale nella parete Est del Monte Rosa, 3000 metri di dislivello, il cui ingresso è tra le punte Zumstein e Dufour (4634 metri).

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La Capanna Marinelli è stata inaugurata nel 1886 e dedicata a Damiano Marinelli. Il noto alpinista venne travolto nel 1881 da una valanga durante la salita del Canalone omonimo. Otto anni dopo, nel 1889, dalla Capanna Marinelli partì Don Achille Ratti (che diventò in seguito Papa Pio XI) che conquistò la Dufour dal Colle Zumstein (chiamato poi anche Colle del Papa).

Ci fermiamo in piazzetta a farci spennare per tre fette di torta e tre succhi di frutta (24 euro!!!!!) e intanto ammiriamo il luogo e la montagna. Vanno e vengono alpinisti più o meno provetti e mi fanno un po’ invidia perchè vorrei essere lì anch’io per arrampicarmi….

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Poi decidiamo di andare a piedi a Pecetto, frazione più in alto di Macugnaga, paesino tranquillo, dove c’è un tiglio secolare e alcune case della comunità Walser.

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chi ha letto il mio articolo “gita di un giorno” si ricorderà che a Mergozzo c’è un altro albero, un olmo, che ha 600 anni, questo invece è stato piantato nel 1200. Secondo una leggenda, il vecchio Tiglio di Macugnaga fu introdotto e piantato nella seconda metà del ‘200 da una donna che faceva parte dei primi pastori Walser fondatori del paese. Sarebbe stato all’epoca un minuscolo semenzale alto una spanna, portato come “trait-d’union” con la originaria Patria vallesana.

Il fusto, alto 3.5 mt. è completamente cavo dalla base, la circonferenza del fusto è di 7.80 metri, ed anche qui sotto ad esso, si riunivano gli abitanti del paese per tutte le decisioni riguardante la comunità. Anche questo è stato piantonato con pali di ferro per evitarne la caduta.

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io amo gli alberi e mi sono soffermata a guardarlo ed ho sentito che emetteva energia, nonostante tutti i suoi anni, ho detto, aspetta che ne prendo un po’…e mi sono messa tra le sue foglie, perfetto, grazie.

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poi a casa, facendo le mie ricerche, ho scoperto che…avevo ragione, cioè:

E’ un albero che come pochi altri suscita fascino e mistero, un gigante verde ricco di sacralità e di leggende. Tra queste si può rammentare quella dei “Gutwiarghini”, i “buoni lavoratori” della tradizione Walser che abitavano tra le sue fronde e, con rigore e meticolosità, distribuivano alla popolazione preziosi consigli per sopravvivere con nuove soluzioni ergologiche. (ramo dell’etnologia che studia la cultura materiale dei popoli)
Avevano però i piedi rivolti all’indietro e un giorno, venendo uno di loro beffeggiato per quel difetto fisico, scomparvero per sempre. La storia si ripete, il bullismo parte da lontano.!!!

Anche qui, come in Alto Adige, ci sono dei prati bellissimi utilizzati per il foraggio e quindi bisogna rispettarli….monito per i proprietari dei cani !!!!!

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Il Monte Rosa è un po’ imbronciato, ora si fa vedere, ora no e allora cosa si fa? Naturalmente si va a mangiare.

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Abbiamo ritrovato un albergo nel quale eravamo stati sedici anni fa e ci siamo fermati al suo ristorante. Stesso albergo, stessi proprietari, stessa tranquillità. Partiamo con l’antipasto, lardo (veramente pancetta) e salame ai mirtilli. buoni buoni

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poi Mauro ha preso “gnocchi di patate e zucca con panna e speck croccante”

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Sergio invece la classica polenta pasticciata con la toma della valle, al forno

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io, la polenta e la fonduta

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come dolce un semifreddo con crumble e salsa ai frutti di bosco.

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Senza lode e senza infamia, il voto è nella sezione Ristoranti sì e no.

Questo è il luogo, pieno di fiori, non intendevo i due a tavola, Mauro sembra dire….ambè !!

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Sulla via del ritorno ci siamo fermati alla Miniera d’oro della Guia di Macugnaga.

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La miniera d’oro della Guia è delle poche in Europa a essere visitabile dal pubblico. La Valle Anzasca che porta a Macugnaga è una delle zone d’Italia più ricche d’oro. Le acque della valle, attraverso il torrente Toce, confluiscono nel Ticino, facendo di questo fiume il più ricco d’oro in Italia.

La lunghezza totale delle gallerie è di 12 km, distribuite su ben 11 livelli, tre al di sotto del piano di entrata, ora però completamente allagate dall’acqua a causa delle infiltrazioni, e altre sei al di sopra.

Nei primi del XVII secolo furono notati degli affioramenti di vene aurifere in superficie, sulla montagna al di sopra dell’attuale miniera. Si decise così di scavare un tunnel per intercettare e seguire i filoni. La miniera fu aperta nel 1710.

All’epoca dell’apertura gli scavi avanzavano molto lentamente scalpellando a mano la dura roccia granitica. Un ulteriore progresso fu l’introduzione della perforatrice pneumatica, che però aveva il grave difetto di sollevare polvere fine che respirata dai minatori era causa di silicosi.

Dopo due coltivazioni ritenute poco produttive, furono trovati diversi filoni interessanti, e l’estrazione continuò fino al 1945, quando la miniera fu chiusa. La cessazione delle estrazioni non fu dovuta all’esaurimento dei giacimenti, che anzi sono tuttora abbondanti, ma all’aumentato costo della manodopera tale per cui il costo orario di produzione supera il valore del metallo estratto.

Attualmente la miniera è visitabile dai turisti, limitatamente agli 1,6 km della galleria di livello e con l’accompagnamento di una guida. All’interno delle gallerie è allestito un museo che illustra la storia della miniera, delle genti che vi hanno lavorato, delle tecniche di estrazione e di purificazione dell’oro. (Wiki)

Ingresso della miniera, a fianco c’è un piccolo negozio di souvenirs, quali minerali, attrezzi della miniera e piccole schegge di oro conservate in vasettini di vetro.

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E così con il mio piccolo e prezioso vasettino con l’oro siamo ritornati a casa.

Ma e i Walser? Già, ma siccome sono molto interessanti meritano un articolo a parte.

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