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Rimpatriata

Ebbene sì, posso proprio dire “rimpatriata” avendo avuto i miei figli assieme, perchè quello che vive a New York è venuto in Italia per lavoro.

Ed allora abbiamo deciso di trovarci tutti a Borghetto sul Mincio, uno dei borghi più belli. perchè  uno era a Verona (per lavoro) l’altra a Padova e l’altro a Milano e noi a Bologna. Giusto per passare insieme una bella giornata. (ma quanto sono cresciuti…..!!!)

Borghetto sul Mincio, frazione di Valeggio sul Mincio,  risale al periodo longobardo e deve il suo nome alllingua del popolo germanico che gettò le basi di un “insediamento fortificato” (questo il significato in longobardo). Ed è situato nel punto in cui fin dall’antichità (e poi in epoca longobarda) si trovava un guado sul Mincio. Il ponte visconteo, il castello scaligero sono stati costruiti appunto in epoche scaligera e poi viscontea.

Oltre al ponte visconteo a Borghetto sono presenti i caratteristici edifici con mulini ad acqua, alcune ruote dei quali sono state rimesse in funzione.

rocca del ponte visconteo

parliamo un po’ di questo ponte visconteo,  è stato costruito nel 1393 e ultimato nel 1395 per volere di Gian Galeazzo Viscontiduca di Milano.   È lungo 650 m e largo circa 21 m, con il piano stradale a 8 metri di altezza sopra il livello del fiume. 

E’ molto imponente, formato da tre rocche che attraversano il fiume, solo che nel suo camminamento, molto largo, passa una strada asfaltata, le rocche sono disastrate, pericolanti, alcune parti delle mura e dei merli sono ricoperti da edere e rampicanti vari, il che significa maggior deterioramento. Una parte del ponte, crollata, è stata ricostruita con un ponte di ferro…..

mi domando il perchè di tanta incuria, ma non sono capaci di salvare delle opere importanti, uniche al mondo; tanto vale buttare giù tutto e chiamare Calatrava che costruisca un ponte moderno come a Venezia. Ma che importa, i turisti arrivano lo stesso, dicono oh che bello, e si fanno pelare nei vari ristoranti, infatti ci sono più bar e ristoranti che pesci nel Mincio….E pensare che nel 2007 il ponte è stato inserito nella lista dei cento monumenti da salvare a livello mondiale, perché in grave pericolo, a cura del World Monuments Fund (Wmf).

“World Monuments Fund (WMF) è un’organizzazione non profit privata con sede a New York. Il suo fine è la preservazione di manufatti architettonici storici e di siti con rilevanza storico-culturale in tutto il mondo, attraverso il lavoro sul campo, la promozione, la concessione di borse di studio e fondi per l’educazione e l’addestramento di esperti in loco.” (Wikipedia)

APPUNTO…….

Parliamo d’altro, casa in vendita, gatti compresi.

glicine ormai defunto, ma bellissimo

curiosità, San Giovanni Nepomuceno, patrono dei fiumi e dei ponti

 

Poi siamo andati in un ristorante a pranzo, ma mi rifiuto di farne la recensione, mangiato male e spennati…..io ho preso i tortelli mantovani, cavoli siamo in zona vuoi che non li sappiano fare? Appunto non li sanno fare, almeno lì. Dovrebbero essere di zucca con amaretti e mostarda mantovana. Il ripieno di zucca…dura, vago, molto vago sentore di amaretto e la mostarda è rimasta nel barattolo. Poi, per il resto, stendiamo un velo pietoso. Se devo spendere dei soldi almeno che si mangi bene…..

I veri tortelli alla mantovana, che hanno origine medioevale, sono tortelli di zucca  di sfoglia all’uovo, solitamente di forma rettangolare della dimensione chiusa di circa 60 x 35 mm, farciti con un impasto di zucca cotta al forno o bollita, amarettimostarda di mele campanine,  formaggio grana e noce moscata.

Ma la cosa importante è stata la “rimpatriata” con i miei figli, abbiamo passato una giornata allegra e indimenticabile.

Sagra del tortellino centese

Settembre, continuano le sagre qui in Emilia, soprattutto gastronomiche per presentare i prodotti tipici. Una di queste è la:

“Sagra del tortellino centese” a Reno Centese  in provincia di Ferrara. Dal 13 al 30 settembre 2018 con un ricco menù che ci ha invogliati ad andare a provare.

 

Tutti i tortellini e tortelloni sono fatti  a mano dalle “sfogline”.

La sfoglina è la donna, chiamata ‘zdoura’, solitamente di mezza età, che tira la sfoglia rigorosamente a mano, con il matterello. E’ una tradizione delle famiglie di una volta, quella di fare la sfoglia per le tagliatelle e i tortellini. Tuttora troviamo sfogline che lavorano presso ristoranti e trattorie, che sanno creare una sfoglia a regola d’arte, senza dislivelli o rotture.

Qui gli ingredienti per gli impasti sono quasi tutti a km zero, acquistati da produttori locali, e così per il resto del menù. Ben tredici piatti di tortellini, tortelloni e cappellacci tra cui scegliere. e per secondo, tra gli altri, salama da sugo, cotechino, stinco di maiale al forno (visto passare ad un tavolo, sicuramente da assaggiare), poi ci sono anche piatti al tartufo, contorni ed infine i dolci caratteristici della sagra. Non so esattamente quanti tortellini facciano, ma parlano di un migliaio di uova, seicento coperti per volta e una decina di sfogline per preparare tutti i tortellini e tortelloni. Ammirevole !!!!!!!

“La “sagra” –  è unfesta popolare di carattere locale e cadenza annuale; le sagre nascono tradizionalmente da una festa religiosa,  per commemorare un santo (in genere il santo patrono), ma sono anche sfruttate per festeggiare il raccolto o promuovere un prodotto gastronomico locale.

Le feste popolari e le sagre dell’antichità venivano celebrate davanti ai templi o, in epoca cristiana, alle chiese (da cui deriva il termine sagrato delle chiese). I vari momenti dell’anno (l’inverno, la primavera, la mietitura, la vendemmia) venivano celebrati con feste religiose, ad esempio, per ringraziare la divinità o per propiziarsi la bella stagione.

Durante le feste dell’antichità venivano spesso effettuati sacrifici animali, oppure offerte di prodotti della terra, che venivano poi consumati dalla comunità intera. Questo rito simbolico originario rimane come traccia anche oggi nelle diverse sagre gastronomiche che ruotano attorno a un piatto tradizionale regionale o locale. (da Wikipedia)”

Oggi si chiamano sagre tutte le occasioni per fare festa, di paese, politiche, mercatini ecc. Questa di Reno centese è un’occasione (un’altra!) per andare a mangiare assieme, però non si può più chiamare sagra nel termine festa popolare, perchè è praticamente come andare al ristorante. Locale molto pulito, ben areato, tovaglie di stoffa e runner di stoffa/carta, curati i tavoli, posate nelle buste, il servizio effettuato dai ragazzi della Polisportiva, molto disponibili, sorridenti e veloci. Che bello vedere dei giovani che occupano delle sere e la domenica per fare questo servizio, ci fosse così in tanti ristoranti.

Questo è stato il nostro menù:

Tortelloni con gorgonzola e noci, con un ripieno di ricotta che scoppiava, il formaggio che naturalmente li deve imbiancare è parmigiano di qualità, non da tutti. E le noci? finalmente un piatto che se dice con noci le noci ci sono.

naturalmente tortellini in brodo, con il parmigiano in bustina (molto igienico), in un brodo “con gli occhi” come il vero tortellino comanda. Faccia felice vero? Lui ama i tortellini…. il vino, in una simpatica brocca con il logo della festa e dietro una ragazzina addetta al “servizio”, gentilissima.

 

Poi per lui, “salama da sugo con purè”- Non se la lascia mai scappare….

La salama da sugo è un insaccato di carni di maiale tipico della provincia di Ferrara,   preparazioni casalinghe del prodotto a volte prevedono, anche se raramente, l’aggiunta di  spezie come chiodi di garofano e cannella, come richiamo alla prima ricetta della salamina che si conosce, quella risalente al Settecento di Don Domenico Chendi parroco di Tresigallo.La concia dell’impasto termina con l’aggiunta abbondante di vino rosso robusto,  che, oltre ad aromatizzare l’insaccato, caratterizza in modo determinante la stagionatura, l’impasto così ottenuto viene insaccato nella vescica del maiale stesso, in una caratteristica forma rotondeggiante. Dopo qualche giorno d’iniziale essiccatura, la stagionatura continua per circa un anno in adeguati ambienti con un clima da cantina. (da Wikipedia)

Pensare che c’è anche un “Campionato mondiale della salama da sugo” che si tiene nella seconda metà di febbraio a Fiscaglia  (Fe) e c’è pure  un monumento alla salama da sugo, a Madonna Boschi (Fe)

Risultati immagini per monumento alla salama da sugo

torniamo a noi, al nostro menù, ecco la salama con il purè, ha detto…ottima….e se lo dice lui…

 

ed arriviamo ai dolci, anche qui, finalmente Mauro ha potuto gustare la zuppa inglese con la menta. Storia anche per lei……Questo dolce al cucchiaio è presente nella tradizione pasticcera di varie regioni italiane, ma nel caso specifico lo scenario è la corte degli Estensi, che nel Cinquecento intrattenevano rapporti diplomatici con l’Inghilterra elisabettiana. Fu proprio un ambasciatore, di ritorno da Londra, a intessere le lodi del ‘trifle’, un dolce di tradizione popolare composto da una base di pasta molto soffice, inzuppata di vino dolce e quindi farcita con panna, confettura e amaretti. Seguendo questo esempio nasceva la zuppa inglese in chiave padana, con il pandispagna o i savoiardi bagnati di alchermes e rum, alternati a strati di crema pasticcera, semplice e al cioccolato. Tra le tante le varianti locali, Finale Emilia ne vanta una ‘risorgimentale’, – bianca, rossa e verde, – ideata all’indomani dell’Unità d’Italia, ma tuttora in auge soprattutto a livello familiare.( Trattoria La Fefa, Finale Emilia)

Piaciuta tanto, anche perchè io non la preparo mai, se non quando vengono amici che, dopo averla mangiata, si portano via il resto…

io invece una coppa di crema chantilly con sfogliata e frutti di bosco, delicatissima e leggera.

 

Dopo questo lungo racconto, per me indispensabile per far comprendere a chi non è emiliano, le eccellenze e le specialità di questa regione, non resta che fare i complimenti a tutti quelli della “sagra”, organizzatori, preparatori, ragazzi e non,  per il lavoro che svolgono. Ci rivediamo presto.

Naturalmente riporto tutto nella mia pagina – Ristoranti sì e no – per dare il mio voto che non può essere che 5/5.

 

Canale di Tenno

Un altro bellissimo borgo che abbiamo visitato durante le vacanze/cura in Trentino.

CANALE DI TENNO è un borgo medievale che sorge a 600 metri di altezza sulle colline che guardano il versante trentino del lago di Garda, fra Riva del Garda e l’altopiano di Fiavè, sulla strada che collega il lago alle Giudicarie. E’ iscritto  nell’associazione i “Borghi più belli d’Italia”, il primo documento che attesta la sua esistenza risale all’anno 1211. Oggi Canale di Tenno conserva intatto l’impianto urbanistico originario, formato da quattro strade che convergono nella piazzetta, un gran numero di case in pietra e i caratteristici avvolti, che collegano le abitazioni l’una all’altra.

E’ un piccolo paese arroccato alla collina, tutto “su e giù”, ma dal quale si gode una splendida vista sul lago di Garda e sulle montagne circostanti.

Interessante è la riproduzione di alcuni editti emanati dal re longobardo Rotari.

Rotari  è stato re dei Longobardi e re d’Italia dal 636 al 652. Egli  condusse numerose campagne militari, che portarono quasi tutta l’Italia settentrionale sotto il dominio del regno longobardo. La memoria di Rotari è legata soprattutto al celebre Editto,  con il quale codificò il diritto longobardo rimasto fino ad allora legato alla trasmissione orale. L’Editto apportò significative innovazioni, come la sostituzione dell’antica faida (vendetta privata) con il guidrigildo (risarcimento in denaro), e limitò fortemente il ricorso alla pena capitale.

art. 318 “Se qualcuno avrà rubato uno o più favi di api, colle api, comporrà soldi 12”

art 338 ” Se uno avrà pelato la coda del cavallo di un altro togliendo le sole setole comporrà soldi 6″

ed eccone un altro di tutt’altro tenore

così come questo:

art. 350 “Se qualcuno avrà trovato nel proprio prato uno o più porci a scavar fossi ne uccida uno solo e non sia ricercato”

E’ un borgo nel quale si sono inseriti molti artisti, vasai, pittori ecc.

 

Un altro particolare interessante sono le “vicinie”  alle quali è dedicato un monumento che riproduce quattro uomini che dialogano e ricorda la gestione della “cosa comune” attraverso le “regole” locali stabilite dai capofamiglia.

Risultati immagini per le vicinie di tenno

Nel mese di agosto si svolge Rustico Medioevo una manifestazione che dura 8 giorni e che coinvolge tutto il borgo medievale di Canale di Tenno. L’organizzazione degli eventi dedicati al medioevo, contribuisce a trasportarti indietro nel tempo catapultandoti in un’altra era, con le coreografie, gli stendardi e le fiaccole che abbelliscono il borgo, i cantastorie che annunciano gli spettacoli e i figuranti in costume che ricreano la magia di tanti secoli fa.

Quindi se siete in zona venite a vedere questa manifestazione, perchè  se si levano gli occhi dal cellulare e si guarda in alto, si scoprono tante meraviglie sconosciute che meritano invece di essere apprezzate.

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Anche il compleanno a spasso…

Il giorno dopo la festa della mamma è stato il mio compleanno, e allora avendo io deciso di non fare niente, anzi “gnente” (rafforzativo) siamo andati a spasso e siamo arrivati a Castrocaro Terme – Terra del Sole in provincia di Forlì.

Ci tenevo a vedere Terra del Sole, che nel 1500 era una enclave del Granducato di Toscana nello Stato Pontificio. E’ un piccolo borgo circondato da possenti mura,

con dei piccoli quartieri e una bella piazza d’Armi. Solo che ora è quasi inglobato in Castrocaro Terme e l’hanno tagliato in due da una strada che lo attraversa da porta a porta. Orribile. Non essendo molto grande avrebbero potuto circondarlo con una strada esterna e lasciare intatto il fascino di questo pezzo di storia.

La località apparteneva fino al 1923 alla Toscana. Terra del Sole fu voluta da Cosimo I de’ Medici, primo Granduca di Toscana (1519-1574), fu lo stesso Granduca, recatosi in questi estremi confini del suo Stato, a “designare” il luogo della nuova città fortezza e ad assegnarle il nome.

La decisione di costruire ex novo una città fortificata nell’enclave romagnola rientrava in una precisa politica di difesa dei confini del Granducato di Toscana.

antica pianta della Terra del Sole –

Terra del Sole diventerà sede di mercato per esercitare una vera e propria forma di controllo sulla copiosa produzione agricola del territorio romagnolo. Oltre all’approvvigionamento di grano il mercato di Terra del Sole avrebbe garantito anche quello del sale che proveniva dalla vicina Cervia.

Il Granduca, sempre preoccupato per l’incombente spettro della carestia, per ovviare alle carenze di grano della Toscana, ne avrebbe fatto incetta nella fertile Romagna: l’alimento che in tempo di carestia era un vero e proprio bene prezioso, avrebbe trovato custodia più sicura  all’interno delle mura di un deposito fortificato quale la città di Terra del Sole, trasformata all’occorrenza in un enorme granaio dello Stato mediceo.

Quando la città fu inaugurata (1564),  si manifestò un avvenimento meteorologico particolare: dopo giorni di nebbia fittissima, mentre si celebrava la messa il cielo si aprì ed il sole illuminò il luogo , per richiudersi a cerimonia conclusa. Questo episodio fu interpretato come segno di augurio e contribuì ad avvolgere la nascita di Terra del Sole in un’aura di leggenda ed a rafforzare l’identificazione tra la figura di Cosimo I de’ Medici e la simbologia del sole.

Dopo aver capito la storia di questo posto, lo abbiamo girato lungo tutto il suo perimetro, da una porta e la sua piccola fortezza,(del Capitano delle Artiglierie) all’altra con un’altra piccola fortezza ( del Governatore) lì a guardia degli ingressi del borgo, il primo è privato.

Affascinante pensare come poteva essere nel 15oo, cosa poteva essere il mercato o l’adunata degli armigeri nella Piazza d’Armi……ora invece proprio davanti al bellissimo Palazzo Pretorio, dove passa la famigerata strada, quasi sui suoi gradini, sfrecciano le auto, le moto ecc. snaturando così il fascino del luogo.

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Prospiciente alla Piazza d’Armi, la chiesa di Santa Reparata, iniziata nel 1594 e terminata nel 1609: impianto monumentale rinascimentale classico a croce latina contenente pregevoli pitture.

Si sa che in Romagna si mangia bene ed allora siamo andati a pranzo in un locale caratteristico, ai piedi della fortezza di Castrocaro. Interessante anche questa, costruita nel XVI secolo. Ma questo farà parte della prossima gita.

Siamo andati all’Osteria “Postierla”, Caratteristico, grezzo, antico, tutto scavato nella roccia (arenaria). Il locale è stato ricavato dalle già sottostanti cantine dell’ex Monastero Benedettino del 1200; una stupenda acquasantiera è esposta nel locale. Sul pavimento una grande botola di solido vetro trasparente mostra i meandri sottostanti (forse le segrete…) in realtà erano le cantine dell’ex-Monastero. Il nome “Postierla” sarebbe la denominazione della porta per accedere alla cantina dei Frati! molto originale.

Anche qui troverete la recensione nella pagina “Ristoranti sì e no”.

Dopo aver mangiato molto bene, siamo tornati a fare un giretto a Terra del Sole, sempre più convinta che in Italia abbiamo tanti tesori sconosciuti e soprattutto non custoditi come meritano.

 

Celebrazione del 450° Anniversario della Fondazione di Terra del Sole

(foto Città d’arte Emilia Romagna)

così dovrebbe restare la piazza della fortezza, come quando celebrano l’anniversario della fondazione di Terra del Sole.

Festa della mamma ad Este

Festa della mamma: su questo tipo di feste io non sono d’accordo, troppo consumismo, se vuoi festeggiarla devi ricordarti di lei e considerarla prima di tutto una donna, senza tante retoriche.

Ma mia figlia, mamma anche lei, ha voluto cogliere l’occasione per trovarci e siamo andati a spasso ad Este. Una graziosissima cittadina con un castello, la sua cinta e i giardini interni molto ben conservati. Tante volte passiamo vicino a delle cittadine, paesi e non ci accorgiamo di quali scrigni storici, paesaggistici e gastronomici esse nascondano.

Immagine correlata (Foto di luca-rigato)

Piazza Maggiore con i leoni

Un po’ di storia per capire meglio cosa si va a vedere.

“Este  è stata abitata da tempi molto antichi: già nell’età del ferro, infatti, era il principale insediamento degli antichi Veneti o Paleoveneti, i quali svilupparono la città, facendo fiorire l’economia grazie agli scambi con le civiltà limitrofe, ma anche con i Greci e i Romani. In seguito alle invasioni barbariche e alla caduta dell’Impero romano d’Occidente, Este si spopolò, riducendosi a villaggio rurale. Nell’XI secolo la casata degli Este s’impossessò dell’area e contribuì alla sua rinascita: dopo l’anno Mille, infatti, la città si ripopolò attorno al castello. Poi Este divenne una delle numerose proprietà  della famiglia degli Ezzelini, tra cui il più celebre fu Ezzelino III da Romano che, alleato di Federico II di Svevia, conquistò per ben due volte Este (1238 e 1249), e nel farlo danneggiò fortemente il castello, la famiglia d’Este frattanto aveva trasferito la sua residenza a Ferrara (1239), città che sarebbe divenuta la loro nuova capitale. Dopo la morte di Ezzelino, in un panorama regionale che vedeva contrapposti ScaligeriCarraresi e Visconti, apparve sulla scena Cangrande della Scala , il quale distrusse il castello nel 1317. Nel 1339Ubertino da Carrara, signore di Padova, fece ricostruire il castello così com’è tuttora.”

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Oltre al castello, la cui cinta muraria è lunga più di un chilometro, ci sono molte architetture religiose, tra le quali spicca il duomo di Santa Tecla nella piazza Maggiore e alcune ville importanti come la Villa Mocenigo, sede del museo nazionale Atestino.

Dentro al castello, tra il Sei e il Settecento, sotto la proprietà dei Mocenigo, venne realizzato un vasto giardino, esteso fino alle propaggini della collina, ai lati di una scenografica scalinata.  Il parco settecentesco subisce una radicale trasformazione negli anni 1914-’15, quando si decide di risistemare l’area verde, i lavori comportano la demolizione della ripida scalinata veneziana e la creazione di terrazzamenti digradanti. Prendono così forma i giardini all’italiana come oggi li vediamo, con viali ordinati e aiuole geometriche, che conservano diverse piante secolari.

ci sono aiuole piene di rose di tutti i colori, da perdersi….

una fontana alla base della scalinata che porta alla sommità della collina dove c’è il mastio.

 

Il mastio era aperto e ci ha accolto per la visita, Alberto, dell’Associazione Culturale Alicorno  .

E’ stata una spiegazione dettagliata e, mentre gli altri salivano fino in cima per ammirare un panorama meraviglioso, fino ai Colli Euganei, io sono rimasta giù ad ascoltare tutto quello che Alberto raccontava, in maniera tale che mi pareva di rivivere la vita di quel tempo, vedere il popolo nel villaggio fuori le mura, il susseguirsi delle famiglie e le battaglie……e’ stato molto interessante e ha fatto venire la voglia di fare altre visite con questa Associazione.

E’ arrivata naturalmente l’ora di pranzo ed io avevo scoperto un locale che prepara dei piatti tipici veneti.  ” Ostaria Nova”

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sì, cucina e bottega dove vendono salumi formaggi e vini.

Per tutto  quello che riguarda l’Osteria Nova, vi rimando naturalmente alla mia pagina – Ristoranti Sì e No –

Dico subito che siamo stati molto soddisfatti, un’ottima gita e abbiamo scoperto tante cose su Este, un ottimo pranzo e un bellissimo regalo da mia figlia, che comprendeva sia la festa della mamma che il mio compleanno.

Serenità  questo è quello che ho provato. Grazie Mauro, Roberta e Diego.

 

 

 

 

 

Puglia, ultimo atto

E così siamo arrivati alla fine del nostro viaggio nel nord della Puglia, bellissima terra, persone gentilissime, ottima eno-gastronomia e il desiderio di ritornare è molto forte.

Ci siamo fermati a NOCI, paesino la  cui caratteristica sono “Le gnostre” (da claustrum etimo di chiostro) che sono dei piccoli spazi che si aprono nelle viuzze del centro antico, un tempo vere e proprie strade poi richiuse per far posto alla costruzione di nuove abitazioni in seguito all’incremento demografico registrato durante il XVIII secolo. Buon ristorante “L’Antica locanda”.

Da lì siamo passati da ALBEROBELLO,

di cui tralascio il racconto, perchè è un paesone molto turistico e conosciutissimo, parlerò in un altro articolo solo del ristorante “Evo” uno dei migliori dove siamo stati.

Tralascio anche il racconto delle GROTTE DI CASTELLANA, solo perchè molto conosciute anche loro, però con passaggi molto stretti per cui dopo mezzo percorso io ed un’altra signora abbiamo dovuto uscire, accompagnati da una gentile guida, perchè eravamo senza fiato, poco ossigeno e troppa anidride carbonica. Comunque per me sono molto più belle ed interessanti le Grotte di Frasassi.

L’ingresso naturale alle grotte è un’enorme voragine profonda 60 mt. denominata “Le Grave”. Unica foto del mio percorso….

Da lì siamo arrivati ad OSTUNI, dove mi fermo, perchè ne vale la pena.

Detta anche Città Bianca, per via della caratteristica  peculiare del centro storico, che era l’imbiancatura a calce delle case fino ai tetti. L’uso, attestato sin dal Medioevo, deriva, oltre che dalla facile reperibilità della calce come materia prima, dalla necessità di assicurare alle viuzze e agli ambienti ristretti di impianto medievale una maggiore luminosità, data dalla luce sia diretta che riflessa. Questo costume ha rivestito anche un ruolo importante storicamente nel XVII secolo quando l’imbiancatura a calce fu l’unico modo per evitare che la peste dilagasse nella cittadina ed il contagio aumentasse sino a portarne la distruzione.

Dopo aver pranzato in piazza, all’ombra della Guglia di Sant’Oronzo, alta m 20.75, dall’esuberante decorazione barocca e dopo aver visto che per girare il centro storico (in salita)  occorrevano buone gambe, fiato e…….voglia, abbiamo optato per… l’Ape car,

che ci ha permesso di visitare tutti gli angoli di questa città.

 

Ma una delle cose straordinarie di questa città è stato il ritrovamento di uno scheletro di donna gravida, in una grotta  di Santa Maria di Agnano, un luogo di straordinaria ricchezza archeologica a pochi chilometri da Ostuni.

Delia (nome datole dal professor Coppola) aveva una ventina d’ anni, era alta, slanciata e nell’ aspetto identica alle sue attuali discendenti. Apparteneva a un clan di cacciatori e come loro aveva gambe lunghe e robuste per inseguire i cavalli che pascolavano bradi nella prateria. Morì nel tentativo di dare alla luce un figlio. Il corpo gravido venne trasportato nell’ ampia caverna che durante la brutta stagione offriva riparo ai cacciatori. La mano destra, adorna di un bracciale, le venne adagiata sul grembo, come a simulare un gesto di materna dolcezza. Dopo la scoperta il blocco di pietra contenente lo scheletro fu trasportato nel Museo di Ostuni e lì venne separato dal resto della pietra. Una volta individuato lo scheletro raggomitolato di Delia, all’ altezza del bacino, comincia a prendere forma anche il feto, di cui si riconoscono tutte le ossa tenere del cranio, la mandibola, le braccine ripiegate, la minuta gabbia toracica. “Sebbene le sepolture paleolitiche siano piuttosto rare in Italia, l’ enorme valore scientifico del ritrovamento è essenzialmente dovuto alla presenza del feto: finora unico al mondo per il periodo Pleistocenico”,spiega il paleoetnologo Donato Coppola, autore del ritrovamento. Il reperto ha 24.410 anni. Con misure antropometriche del feto,  si è potuto stabilire che, quando morì, la donna era incinta di oltre otto mesi.

( da: archivio/repubblica/1992/10/29/delia-donna-infelice-di-24-mila-anni.)

La donna presenta anche un braccialetto di conchiglie forate e un copricapo  costituito da circa seicento conchiglie  impastate con ocra rossa (materiale a quei tempi prezioso e difficile da trovare). Il che fa suppore una cura particolare nella sepoltura. Nel museo è stata riprodotta così come è stato ritrovato lo scheletro e deve essere emozionante vedere un reperto così antico e misterioso.

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Non abbiamo potuto andare a visitarla perchè il museo era chiuso, allora è un buon motivo per ritornare.

Poi abbiamo visto da lontano LOCOROTONDO, altra cittadina interessante da visitare.

Ci siamo trasferiti poi verso il mare, sulla strada del ritorno a casa. Prima ci siamo fermati a MONOPOLI, che rappresenta, sull’Adriatico uno dei porti più attivi e popolosi della regione. Il suo caratteristico centro storico di origine alto-medievale, sovrapposto ai resti di un abitato messapico fortificato già nel V secolo a.C., si affaccia sul mare circondato da alte mura.

Notevole anche la Concattedrale della Madonna della Madia,

 

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In una cappella della chiesa ci sono le travi di una zattera sulla quale, secondo la tradizione, l’icona della Madonna arrivò nel 1117 nel porto di Monopoli.

Proseguendo siamo arrivati a TRANI,  conosciuta anche come “la perla dell’Adriatico“, è famosa per la Cattedrale romanica che si affaccia direttamente sul mare,ed è inserita nella lista delle “meraviglie italiane“, oltre che per la produzione di un particolare tipo di marmo (la pietra di Trani) e di vinoMoscato.

Il castello svevo è stato edificato nel 1233 sotto il regno di Federico II. Nel castello soggiornò spesso il figlio di Federico, Manfredi.

Il porto

Cattedrale –

Classico esempio diarchitettura romanica pugliese la Cattedrale venne costruita durante la dominazione  normanna, iniziata nel 1099 e ultimata nel 1143 ed è dedicata a San Nicola Pellegrino. La costruzione è stata realizzata usando il materiale di tufo calcareo tipico della zona: si tratta della pietra di Trani estratta dalle cave della città, caratterizzata da un colore roseo chiarissimo, quasi bianco.

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Dopo aver pranzato nel ristorante “L’altro molo” sul quale stendo un velo pietoso e non ve lo consiglio, siamo ripartiti verso casa, un po’ cupi come il cielo, ma felici di aver trascorso una settimana alla scoperta di posti meravigliosi, ricchi di storia, alcuni addirittura poco conosciuti,

In un autogrill dell’autostrada c’è un cartello che dice: “Siete in un paese meraviglioso”, cerchiamo di far sì che continui ad essere vero.

 

 

                                               

 

I “Sassi” di Matera

Per parlare dei ” Sassi ”  ci vuole un articolo apposito essendo un argomento molto importante che merita uno spazio tutto suo.

Ci siamo aggregati ad un gruppo con una guida, perchè non puoi solo guardare i Sassi, bisogna anche vedere tutto quello che c’è per capire meglio cosa significhi questa città straordinaria ed unica.

i Sassi costituiscono il centro storico di Matera; il “Sasso Caveoso” e il “Sasso Barisano”insieme al rione “Civita”, formano un complesso nucleo urbano. Costituiscono un esempio eccezionale di accurata utilizzazione nel tempo delle risorse fornite dalla natura: acqua, suolo, energia.

Essi sono stati iscritti nella lista dei patrimoni dell’umanità dall’Unesco nel 1993 ed è il primo sito iscritto dell’Italia meridionale.

I Sassi si dispongono intorno e sul fondo della gravina, di due solchi vallivi, plasmati dal passaggio dell’acqua sul fondo del burrone. Ecco un ponticello che unisce i due solchi vallivi.

Il Sasso Barisano girato a nord-ovest sulla strada che porta a Bari e il Sasso Caveoso guarda a  sud, verso Montescaglioso con le case grotta disposte a gradoni.

Questo degradare delle case e il sovrapporsi delle stesse è solo apparentemente caotico, perchè risulta poi costruito con molti accorgimenti. Ma la discesa nei Sassi è una sorpresa continua, tra viottoli e gradini si arriva in formidabili complessi di abitazioni e chiese rupestri.

A dividere le due valli sorge la rupe Civita che ospita la bellissima  cattedrale della Madonna della Bruna e di Sant’Eustachio.  Fu costruita in stile romanico pugliese nel XIII sec. sullo sperone più alto della Civita che divide i due Sassi.

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in un altare tutto intarsiato di marmi policromi c’è l’affresco originale della Madonna della Bruna

La festa patronale a lei dedicata si festeggia il due luglio di ogni anno da più di 600 anni, quando papa Urbano VI la istituì nel 1389.

Al margine superiore dei Sassi c’è il Piano, centro storico post-medievale oltre il quale si estende la Matera contemporanea.

I Sassi e il Parco delle chiese rupestri costituiscono un’eccezionale testimonianza di una civiltà scomparsa, abitata già nel Paleolitico, alcuni reperti trovati risalgono al XIII millennio A.C. e molte delle case che scendono in profondità nel calcare spesso e dolce (calcarenite) della gravina, sono state vissute senza interruzione dall’età del bronzo ( a parte lo sfollamento forzato degli anni 1950).

Le chiese rupestri  fondate principalmente nell’Alto Medioevo, sono edifici scavati nella roccia. Inizialmente nate come strutture religiose, nel corso del tempo hanno subito diverse trasformazioni d’uso, diventando abitazioni o ricoveri per animali. Sono un’importante testimonianza della presenza di comunità di monaci benedettini, longobardi e bizantini. Le chiese rupestri contengono spesso affreschi ed elementi scultorei.

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Chiesa Santa Maria di Idris

è situata nella parte alta del Monterrone, una grossa rupe calcarea che si erge nel mezzo del Sasso Caveoso sulla sommità dell’omonima rupe, risale al Tre-Quattrocento e fa parte di un complesso rupestre che comprende anche la più antica cripta, dedicata a San Giovanni in Monterrone. Il nome del tempio – Idris – deriva quasi sicuramente dal greco Odigitria (guida della via, o dell’acqua). A Costantinopoli veniva così chiamata e venerata la Vergine Maria, il cui culto fu introdotto in Italia meridionale dai monaci bizantini.

  

San Pietro Caveoso con facciata e campanile in muratura ed interno quasi completamente scavato nella roccia, antica parrocchia della città, situata a picco sullo strapiombo della Gravina.

una suggestiva immagine di Santa Maria di Idris, in alto e, a sinistra, San Pietro Caveoso

(wikipedia.org/)

I VICINATI

Matera, 1951 (Henry Cartier-Bresson). Vicinato nel Sasso Caveoso.

costituiti da un insieme di abitazioni che si affacciano sullo stesso spiazzo, spesso con il pozzo al centro, erano il modello della vita sociale, della solidarietà e della collaborazione tra la gente. Il pozzo comune dove lavavano i panni, il forno dove cuocevano il pane facevano del vicinato la cellula fondamentale dell’organizzazione comunitaria.

Un modo di vivere che gli abitanti dei Sassi hanno portato con sé anche nei nuovi quartieri disegnati per loro negli anni ’50 e che non hanno mai smesso di tentare di ricreare, anche quando “camminano la piazza” o fanno “lo struscio in mezzo al corso”, fermandosi ogni due passi a salutare e a chiacchierare, nonostante le comodità moderne (acqua, luce, gas), nei nuovi appartamenti i materani si sentivano “appartati”: invece nei Sassi quonda chiòcchj-r! (quante chiacchiere) si facevano.

dal libro di Carlo Levi “Cristo si è fermato a Eboli”

“Arrivai a Matera verso le undici del mattino. Avevo letto nella guida che è una città pittoresca, che merita di essere visitata, che c’è un museo di arte antica e delle curiose abitazioni trogloditiche (cioè scavate nella roccia)……arrivai in una strada che costeggiava un precipizio, in quel precipizio c’è Matera. La forma del burrone era strana; come quella di due mezzi imbuti affiancati, separati da un piccolo sperone e riuniti in basso da un apice comune, dove si vedeva, di lassù una chiesa bianca, Santa Maria de Idris, che pareva ficcata nella terra. Questi coni rovesciati si chiamano Sassi. Hanno la forma con cui, a scuola, immaginavamo l’Inferno di Dante, in quello stretto spazio tra le facciate e il declivio passano le strade e sono insieme pavimenti per chi esce dalle abitazioni di sopra e di tetti per quelle di sotto……”

Carlo Levi, spedito al confine in Lucania dal regime fascista, visitò i Sassi quando questi erano all’apice di un collasso demografico che era iniziato quattro secoli prima. Gli abitanti erano aumentati in maniera esponenziale, sulle case nella roccia erano stati sopraelevati più piani, erano spariti gli orti e i giardini pensili, le cisterne erano state riadattate a monolocali in cui intere famiglie convivevano in promiscuità con muli e pecore in condizioni igieniche estremamente precarie.

ricostruzione di una casa nei Sassi

nello stesso locale: l’angolo con il letto e la cassettiera e, a destra la culla.

l’angolo del focolare

l’angolo per il ricovero del mulo

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u’ cessu

le olle per l’acqua

Ma quelli che allo scrittore in esilio erano sembrati i gironi  di Dante, in realtà facevano parte di un sistema complesso ed efficiente. Si scende nei Sassi per delle arcate, che sembrano dei passaggi occulti. Le calate erano affiancate da canali d’irrigazione che rifornivano cisterne a goccia, in alcune case ci sono fino a sette cisterne.

Orti e giardini pensili si affacciavano dai tetti. I tetti a volte servivano da cimiteri: i vivi sottoterra, i defunti in superficie. Così, dice il cronista Verricelli nella sua Cronica de la città di Matera 1595-1596, «in Matera li morti stanno sopra li vivi». All’imbrunire gli abitanti accendevano i loro lumi al di fuori delle loro abitazioni, così allo spettatore che guardava dall’alto, i Sassi si illuminavano come un cielo stellato.

Sassi_di_Matera al tramonto

L’opera di sensibilizzazione del libro di Carlo Levi portò diversi uomini di cultura e politici a visitare la città, tra cui  Alcide De Gasperi che firmò la prima Legge Speciale per lo sfollamento dei Sassi che avvenne a partire dal 1952 , tale operazione fu resa necessaria dalle cattive condizioni in cui viveva la popolazione, si pensi che la mortalità infantile era quattro volte superiore la media nazionale.

famiglia nella casa grotta

Immagine correlata foto di thedustbinofhistory.wordpress.com

Il libro narrava espressamente le precarie situazioni igieniche in cui versavano i Sassi dove vivevano oltre quindicimila abitanti (più della metà dell’intera popolazione cittadina che ammontava a trentamila abitanti) e la mancanza di fognature aumentava il rischio di epidemie nella zona. L’abbandono forzato delle loro vecchie abitazioni fu molto doloroso da parte di molti cittadini, per quanto i nuovi quartieri fossero più confortevoli. Alcuni di loro tentarono poi di rientrare nelle case nella roccia, ma queste vennero murate per impedirlo.

Il recupero delle case però iniziò a partire del 1986 ed ora ci sono parecchi B&B, abitazioni ristrutturate, negozietti, ristoranti.

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Una delle tecniche più ingegnose per risolvere il problema della raccolta dell’acqua piovana è stata utilizzata dagli abitanti dei Sassi fino ai primi anni del 1900: il sistema dei vasi comunicanti. Sui tetti delle abitazioni furono ricavati tanti piccoli canali che permettevano all’acqua di scorrere in una cisterna posta al centro di un cortile, comune a più famiglie. In caso di piogge abbondanti, la cisterna troppo piena cominciava a traboccare e l’acqua defluiva attraverso un canaletto nelle cisterne delle case sottostanti o attigue. In questo modo l’acqua superflua non veniva mai dispersa ma conservata nelle varie riserve dei due rioni.

canalina per la raccolta acqua piovana dal tetto

E così è terminata la visita ai “Sassi” di Matera. Esperienza unica, affascinante che fa riflettere.

Si riflette su quante bellezze ci siano in Italia e forse non vengono sfruttate al massimo, su come doveva essere la vita nelle case grotta, quanta miseria, ma tanta solidarietà, cosa oggi difficile da trovare.

Si riflette su come l’uomo dai tempi dei tempi si sia ingegnato sempre per cercare di sopravvivere e quante testimonianze ci ha lasciato.

Si riflette sulla bellezza della natura selvaggia di questi posti, e si spera che essi vengano conservati al meglio.