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SOGLIANO E IL FORMAGGIO DI FOSSA

Varie - Mappe - SOGLIANO AL RUBICONE (FC)

Sogliano al Rubicone è sulle prime propaggini dei colli romagnoli in provincia di Cesena Forlì e lì siamo andati quando abbiamo fatto tre giorni in zona, girando per colli, castelli malatestiani, scoprendo eccellenze gastronomiche e panorami incredibili. Ma si sa che l’Italia ha di queste meraviglie nascoste o dobbiamo sempre parlare dell’estero?

Nel periodo medioevale Sogliano fu castello deMalatesta di Rimini che  governarono il territorio soglianese sino al 1640, anno in cui passò allo Stato Pontificio. Il castello malatestiano, che sorgeva anticamente nel punto più alto del paese, venne definitivamente distrutto nel corso del XIX secolo per delibera del consiglio comunale, che realizzò in tale luogo un’ampia piazza al fine di favorire l’importante funzione di mercato agricolo assunto dalla cittadina. BRAVO il Consiglio Comunale, non c’era altro posto per ospitare il mercato? Dovevate proprio distruggere una testimonianza importante come il castello dei Malatesta?

Negli anni dal 1950 al 1970 la cittadina visse un periodo di forte spopolamento, ma dagli anni ottanta ha conosciuto una ripresa economica legata al rilancio della produzione del formaggio di fossa (che in realtà non è mai cessata fin dal periodo malatestiano).

A Sogliano c’è, curioso, il Museo di Arte Povera. Esso non raccoglie solo testimonianze storiche ma rappresenta per molti aspetti la vita reale di tempi ormai passati. Foglietti, figurine, santini che non hanno la ricchezza di un libro ma che affidano ai loro colorati messaggi il compito di raccontare la storia, non solo di un antico e ormai quasi inutilizzato mezzo di comunicazione, ma anche la storia di chi li ha utilizzati e che proprio nelle preziose carte, definite “carte povere” ha raccontato anche un po’ della propria vita.

I valantine - Museo di Arte Povera

 Le opere raccolte nel museo sono nate per lo più nella seconda metà dell’Ottocento e si sono diffuse per tutto il secolo, le carte povere, diversamente dai grandi dipinti delle cattedrali medioevali e rinascimentali che dovevano diffondere e indottrinare anche i ceti più poveri, hanno avuto il compito di colpire l’occhio e la fantasia senza bisogno di educare.

Museo del Disco d’Epoca

Museo del Disco d'Epoca Longiano

Ricostruisce, attraverso numerosi reperti, alcuni particolarmente preziosi e rari, la storia della registrazione sonora.

Inoltre ci sono alcune chiese interessanti:

Chiesa di San Lorenzo

È la chiesa principale, sotto la chiesa ci sono le ossa dei reali di Malatesta.

Chiesa di San Leonardo  a Montetiffi

ABBAZIA DI MONTETIFFI | I Luoghi del Cuore - FAI

L’Abbazia è costruita su uno sperone roccioso che domina la valle, nel cuore del Montefeltro. La struttura interamente in pietra concia, è uno dei più importanti monumenti romanici in Romagna.

Inoltre a Montetiffi è rimasta una fabbrica di teglie, in cui si cuoce la piadina.

A Sogliano nei primi anni del XX secolo studiarono, e soggiornarono, nel locale convento delle Agostiniane le sorelle del poeta Giovanni Pascoli,

Giovanni Pascoli - #24 | Diocesi Senigallia

il quale fu profondamente legato al luogo e ad esso dedicò diverse poesie.

Pascoli e le sorelle Ida e Maria

E chiamò il paese:

“Piccolo grandemente amato paese di Romagna”.

Un’eccellenza gastronomica di Sogliano è un formaggio particolare, “il formaggio di fossa”

Il Formaggio di Fossa di Sogliano DOP - Comune di Sogliano al Rubicone (FC)

che viene stagionate in antiche fosse da grano, sotterranee, cioè dove anticamente conservavano il grano, ottimo da grattugiare sui primi o sulla carne, ma anche da gustare con delle confetture. E noi ne abbiamo approfittato andando a pranzo in un ristorante della zona.

Antipasto di carpaccio di manzo con formaggio di fossa e piadina

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Passatelli asciutti con radicchio, pomodorini  e formaggio di fossa

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Costata di manzo con…formaggio di fossa.

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Mangiato benissimo e quindi dopo aver gustato il formaggio, ne abbiamo acquistato in un locale dove lo producono e lì abbiamo potuto ammirare le fosse e ascoltarne la storia.

Ma questa storia sarà nel prossimo articolo.

Rimpatriata

Ebbene sì, posso proprio dire “rimpatriata” avendo avuto i miei figli assieme, perchè quello che vive a New York è venuto in Italia per lavoro.

Ed allora abbiamo deciso di trovarci tutti a Borghetto sul Mincio, uno dei borghi più belli. perchè  uno era a Verona (per lavoro) l’altra a Padova e l’altro a Milano e noi a Bologna. Giusto per passare insieme una bella giornata. (ma quanto sono cresciuti…..!!!)

Borghetto sul Mincio, frazione di Valeggio sul Mincio,  risale al periodo longobardo e deve il suo nome alllingua del popolo germanico che gettò le basi di un “insediamento fortificato” (questo il significato in longobardo). Ed è situato nel punto in cui fin dall’antichità (e poi in epoca longobarda) si trovava un guado sul Mincio. Il ponte visconteo, il castello scaligero sono stati costruiti appunto in epoche scaligera e poi viscontea.

Oltre al ponte visconteo a Borghetto sono presenti i caratteristici edifici con mulini ad acqua, alcune ruote dei quali sono state rimesse in funzione.

rocca del ponte visconteo

parliamo un po’ di questo ponte visconteo,  è stato costruito nel 1393 e ultimato nel 1395 per volere di Gian Galeazzo Viscontiduca di Milano.   È lungo 650 m e largo circa 21 m, con il piano stradale a 8 metri di altezza sopra il livello del fiume. 

E’ molto imponente, formato da tre rocche che attraversano il fiume, solo che nel suo camminamento, molto largo, passa una strada asfaltata, le rocche sono disastrate, pericolanti, alcune parti delle mura e dei merli sono ricoperti da edere e rampicanti vari, il che significa maggior deterioramento. Una parte del ponte, crollata, è stata ricostruita con un ponte di ferro…..

mi domando il perchè di tanta incuria, ma non sono capaci di salvare delle opere importanti, uniche al mondo; tanto vale buttare giù tutto e chiamare Calatrava che costruisca un ponte moderno come a Venezia. Ma che importa, i turisti arrivano lo stesso, dicono oh che bello, e si fanno pelare nei vari ristoranti, infatti ci sono più bar e ristoranti che pesci nel Mincio….E pensare che nel 2007 il ponte è stato inserito nella lista dei cento monumenti da salvare a livello mondiale, perché in grave pericolo, a cura del World Monuments Fund (Wmf).

“World Monuments Fund (WMF) è un’organizzazione non profit privata con sede a New York. Il suo fine è la preservazione di manufatti architettonici storici e di siti con rilevanza storico-culturale in tutto il mondo, attraverso il lavoro sul campo, la promozione, la concessione di borse di studio e fondi per l’educazione e l’addestramento di esperti in loco.” (Wikipedia)

APPUNTO…….

Parliamo d’altro, casa in vendita, gatti compresi.

glicine ormai defunto, ma bellissimo

curiosità, San Giovanni Nepomuceno, patrono dei fiumi e dei ponti

 

Poi siamo andati in un ristorante a pranzo, ma mi rifiuto di farne la recensione, mangiato male e spennati…..io ho preso i tortelli mantovani, cavoli siamo in zona vuoi che non li sappiano fare? Appunto non li sanno fare, almeno lì. Dovrebbero essere di zucca con amaretti e mostarda mantovana. Il ripieno di zucca…dura, vago, molto vago sentore di amaretto e la mostarda è rimasta nel barattolo. Poi, per il resto, stendiamo un velo pietoso. Se devo spendere dei soldi almeno che si mangi bene…..

I veri tortelli alla mantovana, che hanno origine medioevale, sono tortelli di zucca  di sfoglia all’uovo, solitamente di forma rettangolare della dimensione chiusa di circa 60 x 35 mm, farciti con un impasto di zucca cotta al forno o bollita, amarettimostarda di mele campanine,  formaggio grana e noce moscata.

Ma la cosa importante è stata la “rimpatriata” con i miei figli, abbiamo passato una giornata allegra e indimenticabile.

Anche il compleanno a spasso…

Il giorno dopo la festa della mamma è stato il mio compleanno, e allora avendo io deciso di non fare niente, anzi “gnente” (rafforzativo) siamo andati a spasso e siamo arrivati a Castrocaro Terme – Terra del Sole in provincia di Forlì.

Ci tenevo a vedere Terra del Sole, che nel 1500 era una enclave del Granducato di Toscana nello Stato Pontificio. E’ un piccolo borgo circondato da possenti mura,

con dei piccoli quartieri e una bella piazza d’Armi. Solo che ora è quasi inglobato in Castrocaro Terme e l’hanno tagliato in due da una strada che lo attraversa da porta a porta. Orribile. Non essendo molto grande avrebbero potuto circondarlo con una strada esterna e lasciare intatto il fascino di questo pezzo di storia.

La località apparteneva fino al 1923 alla Toscana. Terra del Sole fu voluta da Cosimo I de’ Medici, primo Granduca di Toscana (1519-1574), fu lo stesso Granduca, recatosi in questi estremi confini del suo Stato, a “designare” il luogo della nuova città fortezza e ad assegnarle il nome.

La decisione di costruire ex novo una città fortificata nell’enclave romagnola rientrava in una precisa politica di difesa dei confini del Granducato di Toscana.

antica pianta della Terra del Sole –

Terra del Sole diventerà sede di mercato per esercitare una vera e propria forma di controllo sulla copiosa produzione agricola del territorio romagnolo. Oltre all’approvvigionamento di grano il mercato di Terra del Sole avrebbe garantito anche quello del sale che proveniva dalla vicina Cervia.

Il Granduca, sempre preoccupato per l’incombente spettro della carestia, per ovviare alle carenze di grano della Toscana, ne avrebbe fatto incetta nella fertile Romagna: l’alimento che in tempo di carestia era un vero e proprio bene prezioso, avrebbe trovato custodia più sicura  all’interno delle mura di un deposito fortificato quale la città di Terra del Sole, trasformata all’occorrenza in un enorme granaio dello Stato mediceo.

Quando la città fu inaugurata (1564),  si manifestò un avvenimento meteorologico particolare: dopo giorni di nebbia fittissima, mentre si celebrava la messa il cielo si aprì ed il sole illuminò il luogo , per richiudersi a cerimonia conclusa. Questo episodio fu interpretato come segno di augurio e contribuì ad avvolgere la nascita di Terra del Sole in un’aura di leggenda ed a rafforzare l’identificazione tra la figura di Cosimo I de’ Medici e la simbologia del sole.

Dopo aver capito la storia di questo posto, lo abbiamo girato lungo tutto il suo perimetro, da una porta e la sua piccola fortezza,(del Capitano delle Artiglierie) all’altra con un’altra piccola fortezza ( del Governatore) lì a guardia degli ingressi del borgo, il primo è privato.

Affascinante pensare come poteva essere nel 15oo, cosa poteva essere il mercato o l’adunata degli armigeri nella Piazza d’Armi……ora invece proprio davanti al bellissimo Palazzo Pretorio, dove passa la famigerata strada, quasi sui suoi gradini, sfrecciano le auto, le moto ecc. snaturando così il fascino del luogo.

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Prospiciente alla Piazza d’Armi, la chiesa di Santa Reparata, iniziata nel 1594 e terminata nel 1609: impianto monumentale rinascimentale classico a croce latina contenente pregevoli pitture.

Si sa che in Romagna si mangia bene ed allora siamo andati a pranzo in un locale caratteristico, ai piedi della fortezza di Castrocaro. Interessante anche questa, costruita nel XVI secolo. Ma questo farà parte della prossima gita.

Siamo andati all’Osteria “Postierla”, Caratteristico, grezzo, antico, tutto scavato nella roccia (arenaria). Il locale è stato ricavato dalle già sottostanti cantine dell’ex Monastero Benedettino del 1200; una stupenda acquasantiera è esposta nel locale. Sul pavimento una grande botola di solido vetro trasparente mostra i meandri sottostanti (forse le segrete…) in realtà erano le cantine dell’ex-Monastero. Il nome “Postierla” sarebbe la denominazione della porta per accedere alla cantina dei Frati! molto originale.

Anche qui troverete la recensione nella pagina “Ristoranti sì e no”.

Dopo aver mangiato molto bene, siamo tornati a fare un giretto a Terra del Sole, sempre più convinta che in Italia abbiamo tanti tesori sconosciuti e soprattutto non custoditi come meritano.

 

Celebrazione del 450° Anniversario della Fondazione di Terra del Sole

(foto Città d’arte Emilia Romagna)

così dovrebbe restare la piazza della fortezza, come quando celebrano l’anniversario della fondazione di Terra del Sole.

Festa della mamma ad Este

Festa della mamma: su questo tipo di feste io non sono d’accordo, troppo consumismo, se vuoi festeggiarla devi ricordarti di lei e considerarla prima di tutto una donna, senza tante retoriche.

Ma mia figlia, mamma anche lei, ha voluto cogliere l’occasione per trovarci e siamo andati a spasso ad Este. Una graziosissima cittadina con un castello, la sua cinta e i giardini interni molto ben conservati. Tante volte passiamo vicino a delle cittadine, paesi e non ci accorgiamo di quali scrigni storici, paesaggistici e gastronomici esse nascondano.

Immagine correlata (Foto di luca-rigato)

Piazza Maggiore con i leoni

Un po’ di storia per capire meglio cosa si va a vedere.

“Este  è stata abitata da tempi molto antichi: già nell’età del ferro, infatti, era il principale insediamento degli antichi Veneti o Paleoveneti, i quali svilupparono la città, facendo fiorire l’economia grazie agli scambi con le civiltà limitrofe, ma anche con i Greci e i Romani. In seguito alle invasioni barbariche e alla caduta dell’Impero romano d’Occidente, Este si spopolò, riducendosi a villaggio rurale. Nell’XI secolo la casata degli Este s’impossessò dell’area e contribuì alla sua rinascita: dopo l’anno Mille, infatti, la città si ripopolò attorno al castello. Poi Este divenne una delle numerose proprietà  della famiglia degli Ezzelini, tra cui il più celebre fu Ezzelino III da Romano che, alleato di Federico II di Svevia, conquistò per ben due volte Este (1238 e 1249), e nel farlo danneggiò fortemente il castello, la famiglia d’Este frattanto aveva trasferito la sua residenza a Ferrara (1239), città che sarebbe divenuta la loro nuova capitale. Dopo la morte di Ezzelino, in un panorama regionale che vedeva contrapposti ScaligeriCarraresi e Visconti, apparve sulla scena Cangrande della Scala , il quale distrusse il castello nel 1317. Nel 1339Ubertino da Carrara, signore di Padova, fece ricostruire il castello così com’è tuttora.”

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Oltre al castello, la cui cinta muraria è lunga più di un chilometro, ci sono molte architetture religiose, tra le quali spicca il duomo di Santa Tecla nella piazza Maggiore e alcune ville importanti come la Villa Mocenigo, sede del museo nazionale Atestino.

Dentro al castello, tra il Sei e il Settecento, sotto la proprietà dei Mocenigo, venne realizzato un vasto giardino, esteso fino alle propaggini della collina, ai lati di una scenografica scalinata.  Il parco settecentesco subisce una radicale trasformazione negli anni 1914-’15, quando si decide di risistemare l’area verde, i lavori comportano la demolizione della ripida scalinata veneziana e la creazione di terrazzamenti digradanti. Prendono così forma i giardini all’italiana come oggi li vediamo, con viali ordinati e aiuole geometriche, che conservano diverse piante secolari.

ci sono aiuole piene di rose di tutti i colori, da perdersi….

una fontana alla base della scalinata che porta alla sommità della collina dove c’è il mastio.

 

Il mastio era aperto e ci ha accolto per la visita, Alberto, dell’Associazione Culturale Alicorno  .

E’ stata una spiegazione dettagliata e, mentre gli altri salivano fino in cima per ammirare un panorama meraviglioso, fino ai Colli Euganei, io sono rimasta giù ad ascoltare tutto quello che Alberto raccontava, in maniera tale che mi pareva di rivivere la vita di quel tempo, vedere il popolo nel villaggio fuori le mura, il susseguirsi delle famiglie e le battaglie……e’ stato molto interessante e ha fatto venire la voglia di fare altre visite con questa Associazione.

E’ arrivata naturalmente l’ora di pranzo ed io avevo scoperto un locale che prepara dei piatti tipici veneti.  ” Ostaria Nova”

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sì, cucina e bottega dove vendono salumi formaggi e vini.

Per tutto  quello che riguarda l’Osteria Nova, vi rimando naturalmente alla mia pagina – Ristoranti Sì e No –

Dico subito che siamo stati molto soddisfatti, un’ottima gita e abbiamo scoperto tante cose su Este, un ottimo pranzo e un bellissimo regalo da mia figlia, che comprendeva sia la festa della mamma che il mio compleanno.

Serenità  questo è quello che ho provato. Grazie Mauro, Roberta e Diego.

 

 

 

 

 

Abbazia di Monteveglio

 

 

Immagine correlata

(foto http://latagliolina.it)

Domenica siamo andati a Monteveglio (Bo) e a  pochi passi dalla città, un piccolo parco tutto da scoprire…Morbidi rilievi punteggiati di vigneti e ceraseti, aspri calanchi, boschi e sorgenti. E sulla cima del colle, il castello e la millenaria abbazia… Costruita sulla vallata del Samoggia, l’abbazia di Monteveglio venne eretta per celebrare la vittoria di Matilde di Canossa su Enrico IV. L’imperatore infatti venne sconfitto nell’assedio della rocca matildinica Monteveglio avvenuto nel 1092. La storia è quasi leggenda, infatti Enrico IV venne vinto da un pugno di uomini che non solo riuscirono a resistere per mesi, ma persino il figlio dell’imperatore perse la vita nello scontro finale.  Come atto di ringraziamento, la grande contessa fece edificare l’abbazia di Monteveglio.

Si accede al borgo attraverso una porta merlata, unico residuo delle fortificazioni del castello, dagli spalti del quale si gode di uno splendido panorama della zona circostante.

(foto http://enteparchi.bo.it)

La chiesa attuale è di epoca preromanica e romanica, la bella facciata è caratterizzata da una luminosa bifora, rifatta all’inizio del XIII secolo, e da allora mai modificata. L’altare si trova in una zona sopraelevata della chiesa. Esso è caratterizzato da un crocifisso di grande precisione anatomica, che alcuni attribuiscono alla scuola leonardesca;

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Il Cristo in aria

il Cristo in aria

inoltre, le volte recano semplici ma efficaci decorazioni floreali duecentesche.

La parte più suggestiva della chiesa è la cripta, ubicata al di sotto del livello del terreno.  Al suo interno si trova un’acquasantiera longobarda, uno dei pochi reperti di quel periodo visibili nella provincia di Bologna. Anche uno dei capitelli, che riproduce le forme tipiche dell’oreficeria longobarda, viene attribuito a questo periodo. Le monofore (un tipo di finestra sormontata da un arco con una sola apertura, solitamente stretta) delle absidiole sono in alabastro e non sono mai state sostituite fin dall’epoca di costruzione della chiesa, fatto questo assolutamente eccezionale.

Dopo esserci rinfrancati lo spirito abbiamo cercato una trattoria dove pranzare. E nel borgo c’è “La trattoria del borgo”

 

 

 

 

 

E’ una piccola trattoria a conduzione famigliare  caratterizzata da un ambiente caldo ed informale. Propone piatti legati alla tradizione bolognese e modenese (visto che siamo a Monteveglio terra di confine tra le due province emiliane). Purtroppo era tutto prenotato, ma il gestore ci ha dato altri indirizzi. Non sempre si trovano persone gentili che danno la possibilità di pranzare in altri ristoranti e di questo lo ringraziamo. Sicuramente ci torneremo, prenotando prima certo.

Quindi siamo andati alla “Trattoria del borlengo” a Mercatello, paesino nei pressi di Castello di Serravalle nel Comune di Valsamoggia in provincia di Bologna.

E qui abbiamo mangiato finalmente i famosi borlenghi, una specialità. Ma di questo parlerò nella mia recensione “Ristoranti sì e no”. Anticipo che è stata una buonissima scoperta.

 

Puglia, ultimo atto

E così siamo arrivati alla fine del nostro viaggio nel nord della Puglia, bellissima terra, persone gentilissime, ottima eno-gastronomia e il desiderio di ritornare è molto forte.

Ci siamo fermati a NOCI, paesino la  cui caratteristica sono “Le gnostre” (da claustrum etimo di chiostro) che sono dei piccoli spazi che si aprono nelle viuzze del centro antico, un tempo vere e proprie strade poi richiuse per far posto alla costruzione di nuove abitazioni in seguito all’incremento demografico registrato durante il XVIII secolo. Buon ristorante “L’Antica locanda”.

Da lì siamo passati da ALBEROBELLO,

di cui tralascio il racconto, perchè è un paesone molto turistico e conosciutissimo, parlerò in un altro articolo solo del ristorante “Evo” uno dei migliori dove siamo stati.

Tralascio anche il racconto delle GROTTE DI CASTELLANA, solo perchè molto conosciute anche loro, però con passaggi molto stretti per cui dopo mezzo percorso io ed un’altra signora abbiamo dovuto uscire, accompagnati da una gentile guida, perchè eravamo senza fiato, poco ossigeno e troppa anidride carbonica. Comunque per me sono molto più belle ed interessanti le Grotte di Frasassi.

L’ingresso naturale alle grotte è un’enorme voragine profonda 60 mt. denominata “Le Grave”. Unica foto del mio percorso….

Da lì siamo arrivati ad OSTUNI, dove mi fermo, perchè ne vale la pena.

Detta anche Città Bianca, per via della caratteristica  peculiare del centro storico, che era l’imbiancatura a calce delle case fino ai tetti. L’uso, attestato sin dal Medioevo, deriva, oltre che dalla facile reperibilità della calce come materia prima, dalla necessità di assicurare alle viuzze e agli ambienti ristretti di impianto medievale una maggiore luminosità, data dalla luce sia diretta che riflessa. Questo costume ha rivestito anche un ruolo importante storicamente nel XVII secolo quando l’imbiancatura a calce fu l’unico modo per evitare che la peste dilagasse nella cittadina ed il contagio aumentasse sino a portarne la distruzione.

Dopo aver pranzato in piazza, all’ombra della Guglia di Sant’Oronzo, alta m 20.75, dall’esuberante decorazione barocca e dopo aver visto che per girare il centro storico (in salita)  occorrevano buone gambe, fiato e…….voglia, abbiamo optato per… l’Ape car,

che ci ha permesso di visitare tutti gli angoli di questa città.

 

Ma una delle cose straordinarie di questa città è stato il ritrovamento di uno scheletro di donna gravida, in una grotta  di Santa Maria di Agnano, un luogo di straordinaria ricchezza archeologica a pochi chilometri da Ostuni.

Delia (nome datole dal professor Coppola) aveva una ventina d’ anni, era alta, slanciata e nell’ aspetto identica alle sue attuali discendenti. Apparteneva a un clan di cacciatori e come loro aveva gambe lunghe e robuste per inseguire i cavalli che pascolavano bradi nella prateria. Morì nel tentativo di dare alla luce un figlio. Il corpo gravido venne trasportato nell’ ampia caverna che durante la brutta stagione offriva riparo ai cacciatori. La mano destra, adorna di un bracciale, le venne adagiata sul grembo, come a simulare un gesto di materna dolcezza. Dopo la scoperta il blocco di pietra contenente lo scheletro fu trasportato nel Museo di Ostuni e lì venne separato dal resto della pietra. Una volta individuato lo scheletro raggomitolato di Delia, all’ altezza del bacino, comincia a prendere forma anche il feto, di cui si riconoscono tutte le ossa tenere del cranio, la mandibola, le braccine ripiegate, la minuta gabbia toracica. “Sebbene le sepolture paleolitiche siano piuttosto rare in Italia, l’ enorme valore scientifico del ritrovamento è essenzialmente dovuto alla presenza del feto: finora unico al mondo per il periodo Pleistocenico”,spiega il paleoetnologo Donato Coppola, autore del ritrovamento. Il reperto ha 24.410 anni. Con misure antropometriche del feto,  si è potuto stabilire che, quando morì, la donna era incinta di oltre otto mesi.

( da: archivio/repubblica/1992/10/29/delia-donna-infelice-di-24-mila-anni.)

La donna presenta anche un braccialetto di conchiglie forate e un copricapo  costituito da circa seicento conchiglie  impastate con ocra rossa (materiale a quei tempi prezioso e difficile da trovare). Il che fa suppore una cura particolare nella sepoltura. Nel museo è stata riprodotta così come è stato ritrovato lo scheletro e deve essere emozionante vedere un reperto così antico e misterioso.

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Non abbiamo potuto andare a visitarla perchè il museo era chiuso, allora è un buon motivo per ritornare.

Poi abbiamo visto da lontano LOCOROTONDO, altra cittadina interessante da visitare.

Ci siamo trasferiti poi verso il mare, sulla strada del ritorno a casa. Prima ci siamo fermati a MONOPOLI, che rappresenta, sull’Adriatico uno dei porti più attivi e popolosi della regione. Il suo caratteristico centro storico di origine alto-medievale, sovrapposto ai resti di un abitato messapico fortificato già nel V secolo a.C., si affaccia sul mare circondato da alte mura.

Notevole anche la Concattedrale della Madonna della Madia,

 

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In una cappella della chiesa ci sono le travi di una zattera sulla quale, secondo la tradizione, l’icona della Madonna arrivò nel 1117 nel porto di Monopoli.

Proseguendo siamo arrivati a TRANI,  conosciuta anche come “la perla dell’Adriatico“, è famosa per la Cattedrale romanica che si affaccia direttamente sul mare,ed è inserita nella lista delle “meraviglie italiane“, oltre che per la produzione di un particolare tipo di marmo (la pietra di Trani) e di vinoMoscato.

Il castello svevo è stato edificato nel 1233 sotto il regno di Federico II. Nel castello soggiornò spesso il figlio di Federico, Manfredi.

Il porto

Cattedrale –

Classico esempio diarchitettura romanica pugliese la Cattedrale venne costruita durante la dominazione  normanna, iniziata nel 1099 e ultimata nel 1143 ed è dedicata a San Nicola Pellegrino. La costruzione è stata realizzata usando il materiale di tufo calcareo tipico della zona: si tratta della pietra di Trani estratta dalle cave della città, caratterizzata da un colore roseo chiarissimo, quasi bianco.

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Dopo aver pranzato nel ristorante “L’altro molo” sul quale stendo un velo pietoso e non ve lo consiglio, siamo ripartiti verso casa, un po’ cupi come il cielo, ma felici di aver trascorso una settimana alla scoperta di posti meravigliosi, ricchi di storia, alcuni addirittura poco conosciuti,

In un autogrill dell’autostrada c’è un cartello che dice: “Siete in un paese meraviglioso”, cerchiamo di far sì che continui ad essere vero.

 

 

                                               

 

Puglia – Castel del Monte

Castel del Monte è una costruzione misteriosa, che si erge su una collina dominante la pianura, costellata di ulivi, mandorli, querce e masserie. Fatta costruire nel XIII secolo da Federico II di Svevia nell’altopiano delle Murge.

E’ ottagonale, con otto torri e il numero otto si ripete sempre e l’ottagono, su cui è basata la pianta del complesso e dei suoi elementi è una forma geometrica fortemente simbolica. La sua posizione è studiata in modo che nei giorni di solstizio ed equinozio, le ombre gettate dalle pareti abbiano una particolare direzione.

L’edificio è, appunto, a pianta ottagonale e ad ogni spigolo si innesta una torretta a sua volta ottagonale. Lo spazio interno è suddiviso in due piani e nelle torri ci sono delle scale a chiocciola. Un elemento scarta l’ipotesi di fortezza, cioè le scale a chiocciola nelle torri sono disposte in senso antiorario ( a differenza di altre costruzioni difensive dell’epoca) situazione che mette in svantaggio gli occupanti del castello contro eventuali assalitori, perchè sarebbero stati costretti ad impugnare l’arma con la mano sinistra.

A livello del primo piano forse un tempo vi era un ballatoio in legno, oggi scomparso.

Così come sono scomparsi i marmi ed i mosaici che ricoprivano le stanze, evidentemente trafugati.

Ci sono, tra le altre, due ipotesi, una che fosse una specie di centro benessere, su modello dell’hamman arabo, per via delle canalizzazioni e di cisterne per la raccolta di acqua, la presenza di una vasca ottagonale al centro della costruzione e delle più antiche stanze da bagno della storia.

L’altra che, a causa dei forti simbolismi di cui è intrisa,  la costruzione potesse essere una sorta di tempio, o forse una sorta di tempio del sapere, in cui dedicarsi indisturbati allo studio delle scienze. Dal momento che Federico II era un uomo illuminato e molto colto ed amava circondarsi da persone di varie culture e religioni. Inoltre le alte pareti da cui è formato il cortile interno danno l’idea di trovarsi all’interno di un pozzo, che nella simbologia medioevale rappresentava la conoscenza.

Castel del Monte è raffigurato sulla moneta da un centesimo

ed è stato inserito tra i patrimoni dell’Umanità dall’Unesco nel 1996. Inoltre è stato notato come l’edificio, visto da lontano, appaia molto simile ad una corona e, in particolare, quella con cui fu incoronato Federico II stesso (anch’essa ottagonale).

 

finalmente ho visto il mio Castello…ooppss…fotografo indiscreto !!

Alla sera poi siamo andati nella “Masseria Torre di nebbia” dove abbiamo cenato e dormito. Sì, masseria, una volta era un ricovero per pecore, ma ora è stata ristrutturata completamente in maniera splendida, moderna e funzionale.

I salotti

vecchissimo albero di quercia bianca e un muretto a secco, caratteristico del luogo

salone interno adatto per ricevimenti, comunicante con la spianata esterna arredata.

vista di Castel del Monte in lontananza, dalla Masseria

Naturalmente abbiamo voluto cenare nella Masseria e per questo vi rimando poi alla pagina “Ristoranti sì e no”.

scelta del vino?